Stazione omicidi



Massimo Lugli
Stazione omicidi
Newton Compton
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Massimo Lugli? Difficile in ambito giallo e noir trovare di meglio in Italia. La sua prima dote è la semplicità con cui infila le parole una dietro l’altra: una semplicità che ipnotizza, forse forgiata in anni e anni di buon giornalismo. Mai scontato, mai fuori posto. L’incedere di Lugli è da manuale di scrittura creativa (e infatti non la insegna). La seconda dote è la familiarità: leggere i suoi libri è come ritrovarsi con gli amici di sempre a bere una birra. Non ti tradiscono quasi mai. La terza dote è lo sguardo attento sul nostro Paese.
Leggere Lugli significa stare al passo coi tempi (nel romanzo che recensiamo, solo per fare un esempio, fa capolino l’ex sindaco di Roma, Marino, di recente trombato dal Pd), guardare quella parte di mondo che ci fa comodo dimenticare, gli ultimi, ovvero i criminali di bassa lega, gli adolescenti viziati e amorali, i barboni, ecc… ecc… “Stazione Omicidi” (come sempre “Newton Compton”) è il romanzo appena uscito, anche se ci sono rimandi ai suoi primi lavori del “Lupo”. Qui si racconta l’amicizia, improbabile quanto intensa, tra un romeno reso schiavo in una comunità rom, un giovane della Roma bene e un bandito gentiluomo, ex del clan dei Marsigliesi. Tre mondi apparentemente lontani che, invece, s’incontrano. E questa è la lezione di Lugli. Mai cadere nell’errore di pensare di essere migliore dell’altro. Vasile, Flavio e Jean Luc, i nomi dei tre protagonisti, s’improvvisano spacciatori di droghe sintetiche e incontrano sul loro cammino un poliziotto tosto, che non li molla. Le motivazioni del trio sono diverse, ma il fine ultimo uguale: emergere dalla melma. In primo piano c’è la Capitale malata, con i suoi vizi, i suoi intrighi di potere, le sue mafie. Una foto spietata, realissima. Tant’è vero che anche i romani, basta osservare i risultati delle ultime elezioni, finalmente se ne sono accorti. Se fosse una canzone questo libro potrebbe essere “Barabba” di Fabrizio Moro, oppure uno a caso dei brani che compongono “Fibrillando” di Eugenio Finardi. Voto: 8 e mezzo, aspettando la seconda puntata. E un plauso alla Newton Compton per il prezzo (7,90): se ci fosse un senso nell’editoria, noi che ancora amiamo la carta, vorremmo che i romanzi costassero tutti così.

Alessandro Garavaldi

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