Carlo Lucarelli – L’inverno più nero



Carlo Lucarelli
Carlo Lucarelli
Einaudi
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A distanza di trent’anni dal debutto del suo commissario, Carlo Lucarelli ci regala il sesto romanzo (L’inverno più nero, Einaudi Stile Libero, 312 pagine) con De Luca protagonista questa volta non di una bensì di tre indagini.
E, infatti, la mattina dell’1 dicembre 1944 “il più brillante investigatore della polizia italiana”, che nel frattempo – dopo la caduta del Partito e la nascita della Repubblica di Salò – è passato, suo malgrado, dalla polizia criminale di Bologna a vicecomandante della Squadra Autonoma di Polizia Politica, scopre, nell’arco di appena 400 metri tra i portici e le viuzze del centro della città, tre diversi morti ammazzati.
Per primo viene rinvenuto il cadavere di un ingegnere ammazzato di botte sotto i portici di Via Senzanome, dove De Luca è giunto per depistare le indagini e indirizzarle verso i banditen partigiani.
Ma qualcuno ha anche sentito dei colpi di arma da fuoco e il rumore di tacchi sul selciato. Ed infatti prima, in via Fregatette, trovano, dentro una pozza d’acqua, il corpo nudo di un soldato tedesco strangolato da qualche giorno e poi, lì vicino, anche il cadavere di un giovane professore universitario ucciso con un colpo di pistola in un occhio.
Assolutamente nulla, al dì della coincidenza temporale e dell’essere stati commessi all’interno della cosiddetta Sperrzone ( il centro storico di Bologna sorvegliato dalla Felgendarmerie), unisce i tre omicidi su cui De Luca, nonostante il suo comandante lo abbia incaricato di trovare il “Notaio”, il misterioso capo della Resistenza e anello di congiunzione con gli Alleati, si ritrova a indagare per incarico di tre diversi committenti che, seppure con interessi confliggenti, ritengono che solo De Luca potrà fare chiarezza sul mistero dei tre cadaveri.
La narrazione si muove in tre distinte parti (gli omicidi, le indagini e gli assassini) che, forse per la troppa carne al fuoco e la diversità delle vittime e dei possibili moventi, non sempre scorre fluida e, a volte, il lettore rischia di confondersi tra un’indagine e l’altra.
Alla fine, come in un gioco di prestigio, le contorsioni delle tre indagini vengono sciolte dalla maestria dell’Autore e dall’istinto del protagonista e si ha la soddisfazione di vedere tutti i tasselli andare al loro posto anche se, in alcuni passaggi, in maniera un po’ semplicistica.
Il romanzo, tra colpi scena e misfatti di ogni sorta, lascia l’amaro in bocca su un De Luca che, a pochi mesi dalla Liberazione, dovrebbe fare la “cosa giusta” ma è invischiato nella incapacità/impossibilità di fare una scelta morale; De Luca non è un eroe e resta soltanto uno sbirro (“sono un poliziotto, faccio solamente questa cosa”) con l’ossessione di far quadrare, per un senso di giustizia quasi estetico, le sue indagini e limitandosi a trovare i veri colpevoli.
D’altronde l’assenza di un discrimine tra il bene e il male, tra l’azione morale e quella indegna, attraversa in maniera prepotente tutto il racconto spostando il piano narrativo, da giallo a esistenziale; nessuno agisce più con regole e solo pochi hanno ideali, il resto è un guazzabuglio di “mettiamoci in salvo”, cerchiamo di salvarci come meglio possibile, nessuno ha certezza del proprio futuro e tutti – consapevoli che sta per giungere la resa dei conti – cercano complicità per il dopo che verrà dopo quel nero inverno.
Lucarelli tratteggia con grande abilità i personaggi che, forse un attimino troppi, si muovono nella storia e compongono un’umanità allo sbando con alcune pregevoli figure: innanzitutto il misterioso Petrarca e le sue scarpe bicolori che fa da coscienza critica di De Luca, e poi la Sandrina con il marito incarcerato in Germania che non digerisce la vegetina, il rifugiato nello scantinato che spia il mondo dal buco nel muro, l’inimmaginabile uomo più ricco di Bologna, il Dentista artefice e cultore delle più atroci torture, ufficiali nazisti di varie specie e poi l’enigmatica Altea o la Vilma che fellinianamente solleva le gonne mostrando le cosce e le giarrettiere cercando in De Luca una possibile via di salvezza.
L’aspetto più affascinante e riuscito del romanzo è sicuramente la sua ambientazione in una Bologna in piena occupazione tedesca, dilaniata dalle bombe e dal terrore messo in atto dalle truppe fasciste e naziste, e sospesa nel nulla dal coprifuoco.
Ne viene fuori la curata ed appassionata descrizione di una Bologna con teatri scoperchiati dove si sono rifugiati gli sfollati, tra cumuli di macerie e migliaia di animali da cortile legati sotto i portici, appartamenti patrizi sospesi nel tempo e palazzi universitari trasformati in centri di tortura, le donne che lavano i panni nell’acqua del Reno con le gambe nude sotto le sottane, il tutto mirabilmente raccontato da uno scrittore che ha scavato, per anni, nell’essenza e nella memoria di quel convulso e drammatico momento storico del nostro Paese.

Giovanni Marcì

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