Intervista a Filippo Iannarone – Il complotto Toscanini

0003180FAU_155d4f14fe4791ed047ff017e20866b4Filippo Iannarone è nato a Roma e ha studiato dai Gesuiti. Dopo una brillante carriera di avvocato, consulente aziendale e imprenditore, attualmente si dedica alla scrittura (gialli storici con un protagonista dell’antifascismo italiano). Vive con la moglie Rosemarie e due bassotti a Bad Honnef sul Reno in Nordrhein-Westfalen. Il suo romanzo di esordio, “Il complotto Toscanini”, inaugura una trilogia.

Un romanzo decisamente inconsueto molto più vicino al saggio storico che al noir. Perno della trama sono le carte che costituiscono il dossier su Arturo Toscanini, costruito in vista della sua nomina a senatore a vita della neonata Repubblica italiana. È stato il fatto che lei si è trovato in mano quei documenti, a ispirarle il libro, oppure il contrario: ha cercati documenti per dare vita al romanzo?
Ho appreso la vicenda dell’assassinio del dottor Alberto Rinaldi, il medico che per un lungo periodo curò il maestro Toscanini, molti anni prima di potere iniziare il lavoro di scrittura del romanzo. Quando decisi che quella storia avrebbe potuto ben sostenere una narrazione imperniata sul coraggio iniziai a documentarmi leggendo numerose biografie del maestro Toscanini, da Harvey Sachs a Piero Melograni, e alcune pubblicazioni sul dottor Rinaldi. La particolarità della nomina a senatore a vita, il degnissimo gran rifiuto di Toscanini mi hanno suggerito di immaginare l’indagine che narro nel romanzo. I documenti presenti nell’Archivio Storico della Presidenza della Repubblica mi sono stati utili, ma certamente descrivono un iter burocratico più che poliziesco. La reale preoccupazione di chi compì quelle attività di indagine era comprendere se il maestro Toscanini avesse mantenuto il requisito della cittadinanza italiana, aspetto formale quindi e non sostanziale.

Magnifica la rievocazione delle due epoche: quella fascista e il 1949. Per i dettagli e gli stili di vita come si è documentato?
La storia è sempre stata una grande passione. Il lavoro di raccolta e preparazione dei materiali utili si è basato su letture con alcune rarità di biblioteca come quelle presenti all’Archiginnasio di Bologna e molta ricerca su emeroteche dei quotidiani negli anni tra il 1930 e il 1938 per il fascismo e degli anni tra il 1947 e il 1950 per il periodo della ricostruzione postbellica. Anche l’Archivio Luce e altri archivi fotografici sono stati di grande utilità. Debbo aggiungere che ho effettuato numerose interviste anche con coloro che avevano ancora la memoria diretta di quei periodi per vissuto personale o per testimonianza ricevuta nell’ambito famigliare. Ho dovuto supplire anche a alcune mie personali lacune come a esempio la cronistoria del giro d’Italia del 1949 che si interseca con l’indagine del romanzo.

51abgwC7y-L._SX323_BO1,204,203,200_Nelle pagine si parla diffusamente del convinto antifascismo dei protagonisti: il colonnello Luigi Mari e Arturo Toscanini. Immagino che anche lei lo sia.
Mi permetto di ampliare il suo concetto in quanto nel romanzo l’antifascismo è un paradigma dell’ideale di libertà, del principio di libertà superiore dell’essere umano rispetto a ogni sovrastruttura sociale e politica. I due personaggi lo declinano ciascuno secondo la propria personalità e in modalità molto diverse. Quanto a me ho viaggiato nell’Europa della cortina di ferro e ho avuto esperienza diretta di diversi regimi autoritari, esperienza ripetuta viaggiando anche in paesi del Medio Oriente tra i quali la Siria al tempo di Hafiz al-Asad padre dell’attuale dittatore. Queste esperienze hanno contrassegnato la mia radicata avversione a qualsiasi forma di regime ostile all’esercizio delle libertà, quelle ben tabellate nella nostra Costituzione repubblicana.

I romanzi come il suo possono fare molto per tenere viva la memoria del passato. È intenzionato a continuare a percorrere questa strada, magari esplorando anche epoche più recenti?
La ringrazio per questo apprezzamento. La memoria del passato, lo studio della storia e la cultura della nostra comunità nazionale, della nostra comunità sovranazionale europea sono pilastri fondamentali e ineliminabili di una degna società civile. Oggi nell’epoca della globale distrazione internettiana è triste verificare come dilaghi l’ignoranza del fondamentale tema del “da dove veniamo”. Vorrei avere dato un piccolo contributo in direzione contraria. Mio desiderio è continuare con altre storie nel periodo della ricostruzione dopo le tragedie della seconda guerra mondiale, negli anni dei costituenti, di importanti lotte sociali, della crescita di un’economia viva e forte che porterà al boom dell’Italietta.

Ho letto che lei ha un interesse per così dire ‘familiare’ nella vicenda. La figura del colonnello Mari è ritagliata su una persona in carne e ossa: il Generale Michele Iannarone, suo zio, che fu responsabile dell’intelligence del Fronte Militare Clandestino di Liberazione. Immagino che ne avrà subito il fascino. Ce ne vuole parlare?
Ha perfettamente ragione perché io ero affascinato dalla straordinaria capacità dello zio Michelino di raccontare storie in modo avvincente e coinvolgente. Trascorrevo ore e ore attento a non perdere una parola dei suoi racconti. Con lui ho trascorso molto tempo della mia infanzia e prima adolescenza, dalle favole alle grandi avventure salgariane, alle invenzioni di Jules Verne fino alle cronache di guerra e ai diari di storia della prima metà del ‘900. Negli anni ho compreso sempre meglio la sua caratura culturale e ideale, maturata negli studi di accademia e all’università, accresciuta da un’instancabile dedizione alla lettura, bilanciata dalle esperienze di vita, comprese le vicende belliche, e dal personale lavorio interiore.

Dalle sue pagine emerge anche un grande amore per la musica. Lei è troppo giovane per aver avuto una conoscenza diretta di Arturo Toscanini ma sospetto che ascolti le registrazioni dei suoi concerti. È così?
Le confesso sottovoce di avere gusti musicali abbastanza distanti dal repertorio prediletto dal maestro Toscanini. Certamente ad esempio ho serie difficoltà di sintonia personale con la musica di Wagner. Prediligo compositori come Locatelli, Boccherini, Rameau e adoro Boieldieu. Credo che il maestro Toscanini non approverebbe.

Il suo romanzo si apre con l’omicidio del dottor Rinaldi e questo introduce immediatamente nel thriller. È il genere noir ad averla sedotta, convincendola a scrivere questo libro, oppure è stata solo o soprattutto la vicenda storica a intrigarla?
Certamente la vicenda poliziesca mi ha affascinato: il mistero, l’inspiegabile, l’incognito costituiscono un eccellente magnete e lo sono stati in questa storia del medico di Piazze. La sproporzione tra il bene sparso a piene mani dalle terapie del dottor Rinaldi e il male che arma le mani del suo assassinio è stato un altro elemento di inquietudine, di quell’agitazione che poi può trasformarsi in scintilla creativa. Aggiungo che la lettura dei quotidiani dell’epoca hanno alimentato una forte spinta di approfondimento, di personale esplorazione. In sintesi, si può affermare che anche i misteri sono utili a comprendere la storia e sono anche e forse troppo spesso struttura di importanti capitoli storici.

Bella la storia familiare del colonnello Mari e della moglie Iolanda. Superba la ricostruzione di quei primi momenti di serenità dopo la Liberazione. L’arrivo in Italia della principessa Margaret, le signore bene che si fanno confezionare abiti su misura … Dove ha preso queste chicche? Ho il sospetto che non provengano solo dai libri e dai documenti perché, soprattutto nelle parti che sono frutto di invenzione, si respira l’atmosfera di allora.
È una storia vera, è la loro storia nata da una tragedia nella Roma occupata dai nazisti e poi durata con amore per tutta la vita. Anche qui i racconti dei protagonisti di quei periodi hanno contribuito molto a scolpire nella mia memoria le immagini di quel periodo. Non mancano esperienze dirette come gli interminabili pomeriggi ai caffè di via Veneto compensati da monumentali gelati o le incursioni tra i tavoli di lavoro nell’atelier dove mia madre e le zie impiegavano ore e ore a decidere le mise per cerimonie, inviti e occasioni di vita sociale regolate da codici di abbigliamento non ancora rivoluzionati. Roma era ancora provinciale e poco metropolitana.

Interessante la descrizione delle indagini condotte nel ‘35 con approssimazione e negligenza per la fretta di chiudere il caso. Trova analogie, fatta salva naturalmente la scientificità che è un grande aiuto, con le investigazioni così come vengono condotte oggi?
Più che delle sole investigazioni credo di avere descritto il complesso delle attività della giustizia, intesa qui come giurisdizione penale. Commissari e carabinieri, come procuratori e giudici, inclusi gli avvocati difensori e delle parti civili sono protagonisti di un copione che troppo spesso è recitato anche oggi nelle aule dei tribunali: una giustizia sonnacchiosa, disattenta, farraginosa e estenuante, incomprensibile il più delle volte e non solo nella gergalità. Fanno eccezione naturalmente alcuni grandi processi così come singole nobili figure di investigatori e magistrati. Anche l’influenza dell’informazione sull’esercizio della giustizia giocava una propria partita allora come oggi. Anche allora una compulsiva e ossessiva attenzione al particolare inquietante, al dettaglio morboso, agli aspetti di crudeltà e efferatezza concedeva all’informazione giudiziaria un indebito ruolo di protagonista. Per inciso trovo che questo aspetto sia meritoriamente di gran lunga inferiore in Germania dove vivo rispetto alla situazione italiana. Vale sempre ieri come oggi “sbatti il mostro in prima pagina” e poi la politica, la politica estera, il lavoro e l’economia possono aspettare.

Questo romanzo apre una trilogia. Ci saranno gli stessi personaggi? L’azione si muoverà ancora in epoche diverse? Sarà ispirata a fatti storici?
Ci anticipi qualcosa, per favore, perché la curiosità è incontenibile.
C’è già un romanzo nel cassetto del mio agente letterario con protagonisti il colonnello Mari e sua moglie Iolanda. È un giallo classico ambientato a Fiesole nell’estate del 1949, alta società e una morte che può essere un omicidio. Non fa parte però della trilogia del colonnello Mari, lo consideri un intermezzo. Sto lavorando alla scrittura della seconda parte della trilogia. La raccolta dei materiali è completata come pure i sopralluoghi nelle località dove si svolge la nuova storia. Ne “Il complotto Toscanini” per due volte ho accennato all’episodio dal quale scaturirà per il colonnello Mari e il tenente Barbetti una nuova indagine anche qui sospesa tra due epoche distanti ma con un unico mistero, viaggiando in Piemonte, sul lago Maggiore, a Lugano e infine sul lago di Como. Lascio ai lettori il divertimento di trovare le pagine dedicate a questi accenni.

Qui  la recensione di Milanonera a Il complotto Toscanini

Milanonera ringrazia Filippo Iannarone per la disponibilità

Adele Marini

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