La stella a quattro punte



Carloalberto Biazzi
La stella a quattro punte
Novecento
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“In un paesino della provincia veneta nel 1952 la promettente pianista prodigio Claudia Mancini viene barbaramente uccisa mentre il suo brano Il blu dell’oceano sta per diventare un successo mondiale. Più di vent’anni dopo, sua sorella Flora, unica testimone del delitto, ritorna a casa. Dopo un lungo periodo in America ha voglia di affrontare i suoi fantasmi: lo shock tremendo di quella notte le impedisce di ricordare. Nelle sue indagini però emergeranno trame inaspettate. Sulle note della musica di Claudia si consumano infatti segreti e neri piani di morte. Chi ha ucciso la bambina è tornato per continuare ad allungare la sua scia di sangue. Di chi è l’ombra nera che fa capolino sui vecchi disegni di Claudia?”
Questa, molto in breve, la sinossi di La stella a quattro punte, il nuovissimo noir del cremonese Carloalberto Biazzi, sceneggiatore, regista e, da qualche anno, anche romanziere, in libreria per Novecento Editore, nella Collana Calibro 9.
Dall’uccisione della piccola Claudia prenderà il via una lunga scia di fatti drammatici e cruenti e di indagini, destinati tutti a concludersi in modo drammatico dopo molti anni, con il ritorno da Boston di Flora, decisa finalmente a far luce sulla triste vicenda che ha marchiato in modo irreparabile la sua famiglia.
I misteri nel romanzo sono parecchi: chi ha ucciso la piccola enfant prodige della musica, chi rappresenta la misteriosa figura che Claudia metteva sempre nei suoi disegni infantili? Esiste davvero, e dove si trova la misteriosa, leggendaria pinacoteca del Silenzio? Cos’è la stella a quattro punte che dà il titolo al romanzo venendo spesso evocata da qualcuno dei protagonisti e che potrebbe costituire la chiave di volta per fare luce sulla agghiacciante scia di sangue che imbratta le dolci colline della Valpolicella?
Una triste saga familiare, destinata a portare altri lutti e altri dolori; così si potrebbe anche definire questo bel noir, che Biazzi giostra benissimo per oltre cinquecento pagine, alternando con sapienza frequenti salti spazio temporali che non disorientano mai il lettore ma lo trasportano spesso da quel mondo piccolo di inizio anni ’50, ricreato benissimo, anche nel modo di parlare dell’epoca, a qualche decennio dopo, all’epoca, cioè, in cui tutti i misteri verranno a chiarirsi, in un finale angosciante e piuttosto imprevedibile.
Atmosfere e luoghi resi benissimo, con un occhio particolare al lato più oscuro ed evocativo della natura, personaggi ben caratterizzati, un giusto risalto allo studio psicologico e anche una tenera storia d’amore destinata a rimanere fatalmente irrisolta. Bel libro.

Gian Luca Antonio Lamborizio

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