Il fuoco lambisce le superfici delle cose, porta gli oggetti fino a temperature così elevate che si trasformano in nulla. Il fuoco è un magnifico omicida, attacca in silenzio, accerchia e abbaglia di luce le sue vittime. Ma il fuoco ha delle regole. E non è uno che si mette a fare il furbo, quelle regole le rispetta sempre. E c’è chi come Jack Wade (agente della compagnia assicurativa California Fire and Life) le conosce decisamente bene.
Don Winslow compone il suo romanzo d’esordio raccontando qualcosa che è profondamente stampato nella sua esperienza di ex investigatore assicurativo nel campo degli incendi dolosi. Non dimenticandosi nemmeno per un istante di condire le vicende con il mare, la costa e il surf (cosa di cui non si priva nemmeno ne L’inverno di Frankie Machine o La pattuglia dell’alba), Winslow dipana un intreccio che incrocia personaggi e situazioni, analizzando a fondo anche il dettaglio dei dati tecnici e fornendo spiegazioni minuziose sul mestiere di chi indaga gli incendi.
Se a tratti la palese esplicitazione dei metodi d’indagine può apparire pedante, provocando naturali lungaggini nella trama, non c’è da preoccuparsi troppo. Perché in fondo tutto trova un senso ne La lingua del fuoco. E non manca naturalmente il difficile versante psicologico del protagonista, con un passato scomodo da dimenticare, con l’amore che riaffiora dopo essere naufragato in tempi diversi e la presenza spaventosa di una ben avviata criminalità internazionale.
Ce n’è insomma per tutti i gusti, con l’autore che non perde mai di vista il suo Jack Wade, uomo onesto come non ce ne sono più, che vuole andare fino in fondo quando capisce che un incendio – a detta di tutti chiaramente accidentale – è assolutamente doloso. Don Winslow è uno scrittore di razza. Con una forza narrativa notevole riesce a stringere ai suoi libri i lettori. Che ringraziano. La lingua del fuoco si legge alla velocità della luce, pagina dopo pagina verso la soluzione dell’enigma.
