Il commissario De Martino ha un solo desiderio: che nel suo ufficio di zona Ticinese non arrivino notizie di incidenti nel periodo della fiera di porta Genova. Che i milanesi si godano in santa pace i primi mesi dell’Italia liberata, partecipando serenamente a un momento che unisce adulti e bambini. Istruisce in tal senso i suoi uomini, in primis il suo braccio destro, il brigadiere Cosimo Di Donno.
Ma i tempi dicono che il commissario non può abbassare la guardia neanche dopo lo scioglimento del giogo nazifascista. Qualche zuffa di troppo tra due ragazzi ( un fascista ardito non diventato ex e un coetaneo del circo) a causa di una ragazza. Una meravigliosa creatura che incanta serpenti alla fiera, meglio conosciuta col nome de plume, principessa Anadìa Kebir. Ma che all’anagrafe è Zara Tironi di Brescia, poco più che ventenne. La bellezza però c’è tutta. Ed è l’origine del sangue che inizia a scorrere intorno all’evento popolare. Una causa che presto si fa genitrice di un altro effetto. La ragazza sparisce. Tutto riconducibile alle scaramucce dei due giovani? Le indagini prendono quella strada. Ma presto virano verso tutt’altra direzione. Ben più miserevole.
Delitto alla fiera di porta Genova segna un cambio nella narrativa di Giampaolo Rossetti. Il periodo innanzitutto. Gli anni Trenta, così ben raccontati dall’autore milanese, lasciano per una volta spazio al decennio successivo, l’immediato post guerra che impone il rialzarsi dalle macerie. E poi la zona. Il “giardino” di Rossetti si apre. Nessun tradimento: porta Ticinese resta il primo motore. Ma con Giambellino, Baggio e piazzale Lotto, il compasso dell’azione dei personaggi si apre decisamente. E se poi arriva anche la Svizzera a spostare il centro dell’azione allora ci troviamo davanti a una rivoluzione copernicana.
Per il resto c’è tutto il microcosmo di Rossetti. L’ambientazione, come sempre, impeccabile (ci verrebbe da definirla in 3D); la storia godibile e senza cedimenti narrativi; i protagonisti puntellati con garbo.
Il titolo inoltre segna la seconda esperienza della Libreria S. Gottardo (benemerita libreria di corso San Gottardo a Milano, luogo peraltro di vendita esclusiva del titolo) quale casa editrice dopo Delitto al quarto piano dello stesso autore. La fattura del libro ha una sua personalità. E, rispetto all’esordio, il miglioramento nell’editing evidente. Nessuno è perfetto d’accordo (forse salvo Adelphi). Ma qui l’ulteriore perfezionabilità è un obiettivo che si può raggiungere con buona tranquillità (al lettore più attento può irritare qualche errore di troppo ancora presente, soprattutto se strutturale).
PS: Il libro offre anche il racconto lungo (o romanzo breve) Il delitto del Cinquantenario, “interpretato” sempre dalla coppia De Martino-Di Donno