Il ponte degli assassini



Arturo Pérez-Reverte
Il ponte degli assassini
Tropea
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Napoli, Roma, Milano e soprattutto Venezia. Fine 1627. Il 45enne Diego Alatriste y Tenorio, spadaccino mercenario fedele alle regole (quasi sempre sotto le bandiere del re), appassionato di teatro e libri (ma non di musica) sarebbe morto a Recroi il 19 maggio 1643. Magro duro frugale sgraziato, volto aquilino e capelli corti, occhi verdi glauchi e ampi bianchi mustacchi, cicatrici sfregi bruciature ovunque, dopo un’incursione sulla costa greca, sta ritemprando salute e spirito fra le delizie dell’antica Partenope, paradiso degli spagnoli in Italia. E’sempre in compagnia del basco 17enne al quale ha imparato tutto, dopo averne visto il padre soldato morire, il brillante audace hidalgo Inigo Bilboa, schermitore e scacchista, capelli neri e folti, alfiere a Rocroi, salvo e più fortunato poi. Giunge da Madrid il famoso poeta don Francisco de Quevedo all’apice delle lettere e della politica, li arruola in un tentativo di golpe la notte di Natale contro il Doge in carica, uno dei tre avversari peninsulari (con Papa e Savoia) dell’egemonia spagnola. Il piano è segreto, vari numerosi gruppi a compartimenti stagni, partecipano anche Gurriato e Sebastian, sulla Laguna ospitati dalla bella ebrea Livia Tagliapiera, ex ambita meretrice ora referenziata mezzana, che s’intende con Diego. Fra i congiurati c’è anche il sicario palermitano Gualtiero Malatesta, acerrimo nemico di Diego. Il settimo bel romanzo della mitica saga dell’ex reporter di guerra 61enne Arturo Pérez-Reverte (“Il ponte degli assassini”, Tropea 2012, pag. 278 euro 16,90; orig. 2011, trad. E. Mogavero e G. Carraro) inizia con il mortale duello fra i due, dopo che intrighi e battaglie sono accaduti, tutto raccontato da Inigo che spesso cita Cervantes. Se sapessimo il futuro, aspetteremmo la fine. Segnalo bevanda nera a pag. 218. Colazione con “gachas” e sbronze in osteria.

valerio calzolaio

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