La notte di Roma



Carlo Bonini Giancarlo De Cataldo
La notte di Roma
Einaudi
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La stampa di tutto il mondo accorreva a Roma. Nei suoi resoconti, un incubo a nove colonne. Un kolossal nero da prime time.
La notte di Roma proietta le sue ombre su quella capitale mafiosa che le ultime pagine di Suburra privavano del suo grande burattinaio, braccato, arrestato e destinato al carcere duro. A partire dal vuoto di potere lasciato dal Samurai e dagli appetiti economici per l’annuncio di un imminente giubileo, Bonini e De Cataldo tornano a raccontare la decadenza di una città apparentemente incapace di smentire se stessa e fermare il proprio declino.
Il collasso del vecchio sistema affaristico libera le ambizioni egemoniche della nuova generazione criminale e con esse la rivalsa degli antichi sottoposti contro il tormentato erede del boss. Con il Samurai al 41 bis ed un Sebastiano Laurenti che non sembra replicarne la ferrea volontà di dominio, la lotta per il controllo di Roma è di nuovo aperta. Come aperta, apertissima, è la guerra per la supremazia nelle istituzioni. Formatasi a colpi di tweet, costante esposizione mediatica e classiche trame di corridoio, una nuova leva di politici lancia così l’assalto alla città eterna ed all’intera nazione, pronta a sacrificare i propri stessi esponenti in nome dell’occupazione dei posti di comando. Marchio di fabbrica delle opere di De Cataldo e Bonini, il fitto coro di personaggi che popolano e disegnano una città fatiscente e disillusa, evidenzia per contrasto lo spessore caratteriale dei comprimari di rilievo. Dal sottobosco urbano di escort nevrotiche, politicanti senza scrupoli e palazzinari tossicomani, il volto dell’intransigente senatore Polimeni, l’ingenuità del sindaco Giardino ed il rampantismo della giovane deputata Chiara Visone, emergono con una forza tale da porsi come naturali interlocutori della profondità umana del giovane capo criminale. Rincorso dall’ombra del proprio mentore e dalle mutevoli alleanze tra strada e Palazzo, Sebastiano si addentrerà in relazioni personali pericolose ed impreviste, scoprendosi disposto a tutto, persino a riflettere sul proprio destino.
La sensazione costante di precarietà detta dunque il tono di un’opera in cui il ritmo elevato del racconto e l’assoluta qualità dei dialoghi confermano la statura degli autori. Sospesa tra realtà e finzione, la Roma degradata di Bonini e De Cataldo perde persino gli accenti goderecci dell’ultima Suburra, in nome di una cruda scalata al potere che, parole della presunta madre del Libanese, nulla conserva dell’epica umana dei ragazzi della Magliana:
– Te l’immagini con un pajaccio così che caciara avrebbe armato Libano? Ma ‘nvedi aoh come se semo ridotti. Pure grazie je dovemo di’ a sti quattro zozzoni.

Andrea Rosselli

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