La via del male



Robert Galbraith
La via del male
Salani
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Una gamba mozza di donna, infilata a forza, di sbieco, in una scatola, le dita del piede piegate all’indietro per farcela stare: è il contenuto del pacco recapitato allo studio di uno degli investigatori privati più in auge di Londra.
Inizia così, nel classico stile senza preamboli dei gialli tradizionali, La via del male, la terza avventura di Cormoran Strike, veterano della guerra in Afghanistan, ritiratosi in seguito alla perdita di una gamba in un campo minato, e ora protagonista di un fortunato ciclo di storie scritte da Robert Galbraith, pseudonimo che J.K. Rowling, la “mamma” di Harry Potter, utilizza quando la sua fantasia sosta lontano dalle torri e dalle aule di magia di Hogwarts.
Dopo Il richiamo del cuculo, dove il detective inglese (precisiamo: della Cornovaglia) indagava sul presunto suicidio di una top model, e Il baco da seta, nel quale veniva ingaggiato per rintracciare lo scrittore scomparso Owen Quine, stavolta Cormoran Strike si trova ad affrontare un serial killer che ama uccidere donne sole, conservarle smembrate nel freezer e, tanto per non far mancare nulla a se stesso, alla polizia londinese e al lettore, inviarne alcuni pezzi a Robin Ellacott, assistente di Strike già dal primo romanzo.
Dopo la gamba, infatti, allo studio dai vetri smerigliati di Strike, e sempre indirizzati a Robin, arrivano altri pezzi di donna.
Ma chi è la vittima? È sempre la stessa? E, soprattutto, chi è l’assassino?
I sospetti di Strike si concentrano, sin dalle prime pagine, su tre uomini, che hanno tutti il passato e il destino legati a doppio filo al suo: Jeff Whittaker, secondo marito della mamma di Strike e accusato del suo omicidio, e due ex soldati, Donald Laing, quasi un violentatore seriale, e Noel Brockbank, incallito pedofilo. Tre uomini osceni e poco raccomandabili, tutti in grado di commettere atrocità come scannare una donna e spedirne i pezzi per posta, e tutti con più di un motivo per odiare Strike così tanto da volerlo rovinare, da volerlo far soffrire facendo soffrire la sua bella segretaria Robin.
La quale, è chiaro da subito, è il bersaglio finale del killer, coinvolta come e più del suo datore di lavoro alla caccia all’assassino, che è in realtà la caccia ai tre sospettati, che si aggirano per l’Inghilterra e le pagine romanzo come osceni fantasmi: Robin e Strike li cercano ovunque, ma ovunque la loro ricerca li porta a spostarsi, a cercare altrove, un altrove che slitta di continuo, come l’orizzonte dei filosofi, sempre più su fino alla silenziosa Scozia e poi di nuovo giù nella roboante Londra, una città che di moderno ha i mezzi di trasporto e i cellulari, ma per il resto – vicoli bui e uomini dal volto sempre in ombra – ricorda molto le ricostruzioni della capitale ai tempi di Dickens.
Ambientato nei giorni del matrimonio reale del principe William e di Kate Middleton (primavera 2011), La via del male intreccia l’avventura poliziesca alle storie personali di Strike e Robin, impegnata a sua volta nei preparativi per il suo matrimonio col belloccio Matthew Cunliffe, sempre pronto a scenate di gelosia perché convinto che il sodalizio fra lei e il detective nasconda qualcosa di più di un semplice rapporto di lavoro.
Nonostante porti il lettore a tu per tu con personaggi e argomenti sgradevoli, fra cui spicca il cosiddetto BIID, l’ossessione che alcune persone hanno di farsi amputare parti del corpo, il romanzo si muove sul crinale del politicamente corretto: le descrizioni anche più cruente devono molto allo stile tranquillizzante del giallo anglosassone, il linguaggio e le descrizioni sono semplici e la visione del mondo quasi manichea: ci sono i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. I buoni fanno i buoni, i cattivi fanno i cattivi. Punto.
A dispetto delle sue 603 pagine, il romanzo si legge velocemente, anche grazie alla lunghezza relativamente breve dei capitoli e alla scelta dell’autrice di inframezzare alla narrazione vera e propria le riflessioni del killer, che ci parla – sempre in terza persona – delle sue pulsioni, delle sue nebulose gioie e delle sue contorte ragioni. Il che, e questo è un merito della scrittrice, non ce lo fa sentire più umano, ma ancora più mostruoso.
Il titolo originale del romanzo, uscito a maggio per Salani e disponibile anche in ebook, è Career of Evil, titolo di una canzone dei Blue Oyster Cult, gruppo progressive rock di fine anni sessanta, i cui versi fanno da epigrafe ai capitoli del libro, e le cui canzoni sono la colonna sonora di tutto il romanzo: e della follia del killer.

Marco Scarlatti

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