La figlia di Klaus Kinski, attore maledetto delle cui nefandezze molto già si sapeva, descrive in questa autobiografia le violenze fisiche e le torture psicologiche che subì dal padre fino ai 19 anni. Con tutta la dovuta comprensione e ammirazione per il coraggio dell’autrice e il doveroso orrore e disgusto per i temi trattati, devo però dire che, valutando il libro esclusivamente dal punto di vista della lettura, mi sono terribilmente annoiata. Credo che la scrittura distaccata sia stata una scelta voluta, tesa a prendere le distanze e a guardare con forse voluta freddezza gli avvenimenti dal passato, dai quali la guarigione è dura se non impossibile, ma tutto questo ha fatto sì che nemmeno il lettore riuscisse a trovarla una lettura coinvolgente. Nessuna empatia, nessun interesse. Si sprofonda nella noia.
L’amore di papà
Cristina Aicardi
