L’ultimo lupo – Corrado Fortuna



Corrado Fortuna
L’ultimo lupo
Rizzoli
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Un giallo ambientato in Sicilia. L’ennesimo? No, “L’ultimo lupo” di Corrado Fortuna, Rizzoli editore, è un libro che aggiunge tasselli importanti alla narrazione di  un’isola dalle innumerevoli sfaccettature, dalle mille contraddizioni, rappresentata da persone e caratteri scolpiti con l’accetta.

Fortuna è attore, regista e scrittore, ed è al suo terzo romanzo. Con “L’ultimo lupo” sembra aver pagato un tributo importante alla sua terra d’origine, dov’è tornato a vivere dopo tanti anni a Milano. È un tributo di amore e di disincanto, di natura selvaggia e di uomini chiusi e violenti, di una giovane ventenne che ha smesso di parlare da bambina e di un protagonista quarantenne (Tancredi Pisciotta) sospeso tra la vita precedente e l’attuale, alla ricerca di una paternità che la natura sembra negargli e il ritrovarsi in atmosfere e situazioni che gli ricordano l’infanzia, nel tentativo di elaborare il lutto della morte del fratello più giovane, Ruggero, portato via da un tumore al fegato. “La vita bisogna prenderla per il culo”, era il motto di Ruggero, ma Tancredi non ci riesce, e il ritorno nei luoghi dai quali mancava da trent’anni lo incupisce, anziché rasserenarlo. 

Il romanzo è ambientato a Piano Battaglia nelle Madonie. Un posto dove il nonno di Tancredi, Adelmo, mezzo secolo prima aveva portato una casa mobile che era diventata la casa di famiglia. Poco dopo il suo arrivo, in una notte di luna piena gli sembra di sentire l’ululato di un lupo, ma l’ultimo lupo delle Madonie è stato ucciso proprio da suo nonno mezzo secolo prima. In una escursione incontra un cane che lo porta accanto al corpo di Amir, un pastore marocchino, l’unico che riuscisse a interagire con Angela. Il ragazzo è moribondo, ma riesce a dire “Il lupo”.

Scatta qui un vortice che vede coinvolti tutti i pochi personaggi che abitano la montagna: Piero, gestore di un rifugio e padre di Angela, la bella ventenne che ha smesso di parlare quando la madre lasciò il padre, Abele e Gaetano che facevano parte del gruppo che uccise l’ultimo lupo, Mimmo il guardacaccia e l’ispettrice Gaia Di Bello. 

Fortuna riesce a ricostruire vicende passate, che ruotano intorno all’uccisione dell’ultimo lupo, a fatti lontani nel tempo che continuano ad allungare le proprie ombre sul presente, mettendo in luce passioni impensabili, vicende inconfessabili, amori frantumati, violenza incomprensibile.

È un romanzo di contrasti forti, ma anche di convergenze inattese, di anime ferite e di rammendi peggiori delle ferite, di piccole comunità chiuse e di natura mozzafiato, con un andamento sinusoidale, tra ricordi e presente, paure ataviche e slanci d’amore. Tutto proiettato verso la soluzione del mistero, alla ricerca di una verità che, forse, è meglio non scoprire, come troppo spesso accade in Sicilia. E sono forti gli echi autobiografici, non solo nel personaggio protagonista del romanzo, ma anche legati proprio all’isola e alle sue occasioni mancate, alla mentalità chiusa, alle speranze deluse, ad un futuro nebuloso che non riesce a cogliere il raggio di sole giusto per uscire dall’incertezza e dal rammarico.
Fortuna è bravo e scrive bene, anche quando è irrimediabilmente coinvolto/travolto dalla storia che racconta.

Michele Marolla

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