La trama di Per niente al mondo, ultimo e atteso romanzo di Ken Follet, prende il via alla Casa Bianca ove è stata eletta la prima Presidente donna, Pauline Green, repubblicana. La Green, molto intelligente, preparata, pronta e volitiva oltre a governare il paese è costretta quasi ogni giorno a bilanciare e controbattere gli spudorati attacchi e colpi bassi del suo guerrafondaio e spudorato rivale alle prossime elezioni presidenziali (una specie di Trump peggiorato).
Epperò dagli Stati Uniti dobbiamo spostarci subito in Ciad, stato autoritario dell’Africa Centrale, governato dal Presidente, un dittatore dalla sfrenata ambizione, che cerca di trarre il massimo vantaggio dalla sua duplice alleanza con americani e francesi e metterci in viaggio per una strada sterrata, piena di buche e insidie che porta da N’Djamena, la capitale, verso nord attraverso il deserto fino al lago Ciad, la principale oasi del Sahar. Una grossa e robusta fuori strada dai vetri oscurati e con a bordo quattro persone, l’autista, un giovane caporale americano armato di una carabina leggera e due agenti segreti d’élite, Tamara giovane americana arruolata nella CIA e Tabdar Sadoul, detto Tab, attaché presso l’ambasciata francese a N’Djamena e membro del servizio segreto. Il conducente procede a bassa velocità per evitare di trovarsi nei guai. La loro missione ufficiale ha per meta un villaggio semi abbandonato sulle rive del lago ed è legata allo studio dell’ambiente. Ma il loro vero scopo è incontrare un loro agente in missione sotto copertura, in caccia da mesi di una potente e inafferrabile banda di terroristi che commerciano in droga. Terroristi al comando del potente leader del gruppo terroristico dello Stato islamico nel Grande Sahara, ex falco della jahad noto come al-Farabi, uno dei peggiori assassini di massa al mondo, un veterano della guerra in Afghanistan, detto anche l’Afghano. Stando ai rapporti dell’intelligence, si è trasferito in Nordafrica e, se Abdul, il loro uomo, riuscisse a rintracciarlo e metterlo in trappola assesterebbero al SIGS un colpo letale.
E proprio da quel villaggio, che rappresentava la loro meta, Kiah, una giovane vedova coraggiosa e bellissima, ha ormai deciso di partire, abbandonando il Ciad, flagellato da carestia e rivolte, vendere tutto e poi raggiungere illegalmente l’Europa con il suo bambino, nella speranza di cominciare una nuova vita. Nel corso del loro disperato e massacrante viaggio verso l’Italia, troverà conforto e aiuto in Abdul, che scoprirà non è chi dice di essere, ed entrambi diventeranno preda dei trafficanti di esseri umani.
A Pechino la moderna visione, illuminata e riformista, di Chang Kai, giovane e ambizioso viceministro dei servizi segreti esteri, per nascita membro dell’élite del partito, lo costringe a barcamenarsi e a battersi ogni giorno con i falchi, i trinariciuti vertici comunisti del potere politico, sempre pronti a infilarsi o occhi chiusi su una strada destinata a portare la Cina e il suo pericoloso alleato, la Corea del Nord, sulla via del non ritorno. E a confrontarsi ogni giorno con subdoli attacchi e trabocchetti che mirano anche a ledere il suo felice rapporto matrimoniale con Tao Ting, adorata interprete e stella della più seguita serie televisiva cinese.
Ancora una volta, come nelle altre trilogie più famose di Follet, la trama, intrigando e ammaliando il lettore, avanza narrata a più voci.
Negli Stati Uniti, nello Studio Ovale, la presidentessa Pauline Green, stretta tra gli impegni di famiglia – un marito, bell’uomo e brillante professore universitario in aspettativa e una figlia adolescente con tutte le problematiche dell’ età – e le campagne diffamatorie del suo spavaldo avversario, affronta con accorta diplomazia i contraccolpi dovuti agli attacchi terroristici in Africa. Ciò nondimeno, vittima di maldicenze e ostilità politiche, deve gestire i rapporti sempre più tesi con l’opposizione, quando l’intero pianeta è in preda a un innaturale vortice di aggressioni seguito da dure rappresaglie. Una situazione in bilico sul filo del rasoio, con i più potenti paesi del mondo, forzosamente impigliati in una complessa rete di alleanze a cui devono rendere conto.
Spinosi e ripetuti problemi che, singolarmente, sarebbero risolvibili e invece tutti insieme sembrano in grado di scatenare una incontenibile tempesta perfetta.
Le ambientazioni del romanzo vanno dal deserto del Sahara, dove i due agenti segreti d’élite, l’americana e il francese ormai una coppia, cercano di evitare l’innesto delle polveri, alla Cina, con la vana e solitaria battaglia di una minoranza riformista contro il passato, fino agli Stati Uniti con Pauline Green, prima presidente donna degli Stati Uniti e quindi l’unica persona in grado di attivare il meccanismo, pronta a tutto pur di evitare una guerra non necessaria.
Fatti e paesi che passano al lettore un messaggio ben preciso: quando un atto di aggressione provoca una reazione – e dà il via a un’ incontrollabile spirale – il rischio di assistere a una apocalisse nucleare si fa più concreto che mai.
In mezzo a questo vortice di potenziali catastrofi , il romanzo di Follett oltre a personaggi verosimili, come Pauline Green, convinta repubblicana concede spazio a Kang U-Jung, presidente della Corea del Nord, (perfetto clone di Kim Jong Un) e a un dittatore golpista africano, detto il Generale, che dopo aver preso possesso del Ciad, nel suo utopistico e illusorio scenario pensa di essere all’altezza delle massime potenze mondiali? Ma con la tensione internazionale che continua a crescere e le azioni militari che si moltiplicano: sarà ancora possibile fermare un’escalation che ormai sembra diventata inevitabile?
Uno scenario che fa rabbrividire per il testa a testa tra superpotenze dotate di armi nucleari e la vanità di certi politici desiderosi di lasciare un improbabile segno nella storia. Nelle sue pagine Ken Follet ci invita a ricordare quanto il Primo conflitto mondiale sia stato spaventoso per la sua distruttiva portata generale ma e soprattutto perché scioccamente prevedibile da segnali minimizzati o peggio giudicati trascurabili. Ma oggi a cosa mai porterebbe una Terza Guerra Mondiale? Non una Guerra Fredda in bilico tra costanti ma inoffensive scaramucce ma a una vera guerra,, scatenata da contorti giochi locali che nascondono interessi personali e ripicche . Insomma, un mostruoso scenario con il mondo sull’orlo di una guerra devastante che potrebbe essere il frutto avvelenato di un qualsiasi attentato terroristico in una regione africana dimenticata da Dio. Molto spesso il percorso che porta allo scoppio di una guerra inizia con un piccolo passo falso.
La storia infatti è piena di avvenimenti apparentemente banali e trascurabili nell’immediato ma che in un secondo momento si rivelano ciò che realmente sono: veri e propri detonatori di incontrollabili crisi globali. Cosa fare per contrastarle ? E se non fosse possibile, cosa fare dopo per continuare a vivere?
Dal caldo del deserto del Sahara alle arene politiche del Nord America e dell’Asia, Ken Follet descrive senza paraocchi l’attuale società , oppressa dall’ombra mai svanita del terrorismo islamico, spesso ancor oggi collegato in parte alle ondate migratorie provenienti dall’Africa. Uno scenario che lascia intravedere un mondo avviato a una terribile crisi globale senza precedenti…
I cambiamenti climatici già in atto con i Paesi a sud del mondo che ne pagano lo scotto peggiore, provocano sia incontrollabili flussi migratori sia marcate differenze tra Oriente e Occidente. Cambiamenti che comunque minacciano il nostro futuro.
Un bel romanzo costruito su una situazione distopica: ovverosia sulla previsione, descrizione o rappresentazione di uno stato di cose futuro, con cui, contrariamente all’utopia e in polemica con le tendenze del presente (che pur spesso al limite appaiono sempre controllabili), prefigurano situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi (ovverosia un’utopia negativa). Narrativa che ritroviamo spesso in prima linea nella recente letteratura fantascientifica.
In “ Per niente al mondo” infatti Follet prospetta e minaccia una situazione esplosiva ai limiti della rottura, e cioè i venti forieri di guerra o meglio di una catastrofe nucleare annunciata che non ci deve mai far dimenticare a quanto ammonta l’arsenale nucleare degli Stati Uniti e della Cina. Secondo il rapporto “Nuclear Noteboook 2021 – “Gli Stati Uniti dispongono di 3.800 testate nucleari, delle quali 1.800 dispiegate”. Alle quali si aggiungono 1.750 testate smantellate per un totale di circa 5.550 testate, La Cina, che per il Pentagono disponeva di un arsenale di 200 testate secondo le attuali stime dell’intelligence statunitense potrebbe arrivare 700 testate nucleari entro il 2027,
Per niente al mondo – Ken Follett
Patrizia Debicke