Le bestie giovani – Daniele Longo



Daniele Longo
Le bestie giovani
Einaudi
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Chi sono veramente Bramard e Arcadipane? Hanno un nome, una famiglia, una storia alle spalle o sono solamente quei tratti di pennello che Longo dipinge sulla tela bianca de Il caso Bramard.
Al lettore curioso non posso che consigliare di leggere il secondo romanzo della serie: Le Bestie giovani.
Così giocano le bestie giovani, prima di scoprire che i loro artigli non sono fatti per giocare. 
Questa volta Vincenzo Arcadipane si trova a seguire un caso che ha a che fare con il passato. Durante uno scavo alla periferia di Torino vengono alla luce le ossa di dodici corpi, uomini e donne, uccisi con un colpo alla nuca. Il commissario viene chiamato sul posto ma l’indagine passa subito ad una squadra specializzata in crimini della seconda grande Guerra.
Ad Arcadipane resta solamente un bottone di un jeans, niente di più. Ma poco è sempre più di nulla. Cosi, attaccato a quel bottone, inizia una sua personale indagine per scoprire qualcosa che ha radici profonde ed origini in un passato scomodo.
In aiuto di Arcadipane ecco tornare Bramard, che ormai da anni ha abbandonato la polizia e di è dedicato all’insegnamento; con loro Longo da maggior spazio e rilievo ad Isa, una collega di Arcadipane, ragazza dura, sessualmente aperta, che non sopporta la prevaricazione maschile tipica del suo ambiente lavorativo.
Longo cambia protagonista rispetto al primo romanzo. Porta in primo piano la figura di Arcadipane, commissario, allievo di Bramard, che vede ancora oggi come un maestro, un mentore. Arcadipane affronta una forte crisi di mezza età navigando con difficoltà nella quotidianità tra il suo lavoro e un matrimonio che non va proprio a gonfie vele. A complicare ancor più le cose il difficile rapporto con i figli adolescenti con i quali la comunicazione è diventata un costoso optional. La sua incapacità di gestire i rapporti con i componenti della sua famiglia fa da contraltare alla sua capacità di indagare, di seguire l’indagine, di capire i caratteri delle persone che ha di fronte. La sua inettitudine e le sue frustrazioni personali finiscono tutte per sfogarsi in sigarette e caramelle da ciucciare.
Nella sua vecchia alfa Vincenzo Arcadipane ha la sua vita, il suo mondo: attraversa la Torino notturna guidando senza un valido motivo tra le zone più difficili della città scavando nel passato alla ricerca della verità che è stata sepolta una prima volta e che tenta di essere nuovamente seppellita da poteri molto più grandi di lui. 
Eccola la necessità di richiamare Bramard; fare un salto indietro nel tempo, andare oltre le apparenze di quanto rinvenuto e farsi aiutare dal suo mentore a ricostruire un periodo buio della storia d’Italia in cui proprio il vecchio commissario aveva avuto suo malgrado un ruolo da protagonista.
Longo ricostruisce cosi in un sapiente flashback i primi passi in polizia di Bramard, le indagini, il rapporto con Arcadipane, la storia privata di Isa fino a ritornare poi velocemente ai nostri giorni per dare una nuova veste alla verità dell’eccidio compiuto e scoperto. Lo fa con descrizioni precise e puntuali, disegnando i personaggi con una precisione e una sapienza da farli sembrare veri, viventi. Sembra quasi di averli incontrati, una volta almeno nella vita.
Vincenzo Arcadipane è sempre di più un antieroe, un commissario atipico, che non ha fascino, che ha problemi comuni da cui prova ad uscire aggrappandosi a una “particolare analista”; ha sempre necessità di avere un aiuto da personaggi che in qualche modo hanno una sofferenza interiore come la sua. Ecco Isa, ecco Bramard.
Questa volta scoprire la verità significa portare alla luce tanti perché, svelare i misteri celati dietro gli occhi dei personaggi principali di questo romanzo rendendo l’indagine il filo rosso e sottile che collega il passato alle vite di Bramard e Isa. Da leggere. 

Mauro Grossi

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