Le signorine di Concarneau



Georges Simenon
Le signorine di Concarneau
adelphi
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Jules ha 40 anni, vive con le due sorelle rimaste nubili nella casa di famiglia dove è nato nel paese bretone di Concarneau e si guadagna la vita come proprietario di due pescherecci. Ogni centesimo guadagnato lo mette nelle tasche delle due donne, Céline e Françoise, che, peraltro, vivono anche dei proventi di un negozio ricavato nella grande casa. È soprattutto Céline ad avere in mano la vita di Jules. A lei lui non può nascondere niente, come un bambino nulla può nascondere alla propria madre. Una notte, al ritorno da una riunione col sindacato a Quimper, guidando per una strada piena di curve e per niente illuminata, Jules mette sotto un bambino. Torna indietro il prima possibile, ma alla vista della gente accorsa non ha la forza di fermarsi. Il piccolo muore il giorno dopo e lui, incapace di rivelare la tragedia alle sorelle, crea una realtà parallela, dove tutto col tempo sembra andare nel suo posto prestabilito. Ma la realtà non è un puzzle. Scritto nel 1936, Le signorine di Concarneau muove dalla stessa partenza de I complici (1955): un incidente d’auto mortale che resterà irrisolto in primo luogo per la fuga di chi lo ha commesso. Ma a differenza del protagonista di quest’ultimo, Joseph Lambert, che tace per disprezzo del mondo e per continuare a toccare coi sensi quel piacere sessuale che stava provando nel momento della tragedia, qui la pasta umana che incontriamo nel personaggio di Jules Guérec ci porta a un approdo ben diverso. Jules vuole ricomporre un equilibrio esistenziale a costo di annullarsi. Non si accorge di stare via via precipitando in un nero senza fine, ma al male involontario cerca di sovrapporre un pietoso bene. Senza confessare nulla entra in contatto con la madre del piccolo a cui ha tolto la vita. Ne assume il fratello idiota, la riempie di carinerie, la chiede addirittura in sposa. Peccato per quella sorella a cui niente sfugge. Peccato? Psicologo dell’indicibile Georges Simenon dà cornice e colori a un quadro che in uno spazio museale farebbe mostra di sé dividendo la parete con il Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich e L’Isola dei morti di Arnold Böcklin. Medesima la vista aperta sull’infinito nascosto ai sensi umani, stessa la premonizione di un mistero che sta per abbattersi sulla nostra persona indifesa. Simenon cerca il baratro nella piccola provincia francese, tra persone semplici e i ritmi di una vita che battono giornate ordinatamente ordinarie. La caduta ha un fondo. Su cui l’animo umano può adagiarsi nell’accettazione di una norma altrettanto umana a cui non tutti però è concesso di obbedire. Ci riescono i più forti a cui arrivano dopo aver domato l’impazzimento o i più deboli incapaci di consegnarsi appunto alla follia? Simenon è uno scrittore. Può solo porre interrogativi. Magistrale romanzo.

Corrado Ori Tanzi

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