Doralice l’incanto ce l’ha nel cognome. Con la I maiuscolo. E’ una precaria professionista. Nel senso che intorno alla precarietà, è capace di costruire una professione, facendo di necessità, virtù e, rispondendo agli schiaffi della vita, con un sorriso sulle labbra. Ai perfetti antipodi della sorella che vive in Inghilterra, Doralice non ha un lavoro fisso, non ha un fidanzato che la aspetti a casa e non ha neppure un cane che le faccia compagnia la sera davanti alla televisione. Se fosse un monumento sarebbe una torre di Pisa che oscilla senza crollare. Infatti, nella scena iniziale, la troviamo in bilico sulla sua vita. Ha appena perso il posto come supplente e si ritrova dunque a doversi inventare i suoi giorni. Riorganizzandola come può. Non si da per vinta e si ritrova a fare da sitter: baby sitter a un bambino con un padre affascinante ma triste per la perdita prematura della moglie, dog sitter a una coppia di Carlini, sovrappeso e sgualciti come la loro padrona, e old sitter, di un’anziana signora con un lungo passato da raccontare. Tra le bugie che è costretta a dire alla famiglia per sentirsi accettata dai genitori Doralice incontra Beo, un bambino di cinque anni curioso e sorridente. E incontrando lui si scontra in Riccardo, il padre, seducente e malinconico. Gilda, l’anziana signora autoritaria ma dal cuore d’oro le confiderà un segreto, nascosto in una raccolta di lettere. Attraverso gli altri Doralice, riconoscerà se stessa imparando a convivere con le sue fragilità che ne determinano la forza. Tra vecchiaia e infanzia, futuro e passato si assiste ad un’apologia delle piccole cose. In cui la freschezza vince sull’artificio. Il messaggio veicolato dal romanzo è immediato; mai scoraggiarsi dinnanzi ai problemi. Anzi, resistere sorridendo perché una soluzione c’è sempre. Un buon esordio, quello di Ilaria Palmosi. Quasi un Incanto. Come la sua Doralice.
L’incanto delle piccole cose
Bea Buozzi