Stoccolma, Anno Domini 1793. Il vento della rivoluzione soffia impetuoso verso la monarchie del Nord. È passato poco più di un anno dalla morte del re Gustavo III, colpito a tradimento in un attentato che inneggiava al tirannicidio, al Teatro Reale di Stoccolma dove il 16 marzo si era recato per prendere parte al ballo in maschera. Ma, subito dopo il suo ingresso in sala, il sovrano fu avvicinato da Jacob Johan Anckarström, un ex ufficiale, e dai suoi complici Claes Horn e Adolf Ribbing. Infatti pur mascherato, era ben riconoscibile, poiché indossava le insegne degli ordini cavallereschi del regno. I cospiratori furono arrestati e giustiziati. Gustavo III immediatamente soccorso e portato nei suoi appartamenti, era stato solo ferito e, non appena si sentì meglio, provò riprendere le sue funzioni regali, ma il successivo 29 marzo dovette soccombere alla cancrena. Il fratello Carlo, duca di Sodermanland, prese le redini dello stato come reggente per il nipote quattordicenne Gustavo Adolfo ma, a conti fatti, il vero reggente fu Gustaf Adolf Reuterholm. Questi nel 1793 fu nominato membro del Consiglio privato e uno dei “signori del regno”. All’inizio del suo mandato pareva propenso ad adottare un sistema liberale e reintrodusse la libertà di stampa. Ma il suo unico scopo era sovvertire tutto quanto fatto e voluto dal precedente governo e per i suoi fini personali perseguitare i sostenitori del defunto re. Una meschina vendetta che gli valse il dissenso generale. La reggenza di Carlo si dispiegò per quattro lunghi anni, forse i peggiori nella storia della Svezia e si può descrivere brevemente come un’ alternanza di giacobinismo e dispotismo spietato. A Stoccolma, in quell’autunno del 1793, tutto sembra sospeso. Le guerre hanno impoverito lo stato, migliaia di reduci gravemente mutilati sopravvivono a fatica. Pare quasi impossibile gestire una situazione che diventa ogni giorno più difficile. Il potere è in mano alla convenienza di pochi, mentre la repressione in atto e la tensione palpabile in tutto il paese scardinano ogni certezza. Le voci di complotti, stanno scatenando una generale paranoia, ci sono spie dappertutto, fioriscono le delazioni, il governo centrale è in subbuglio. Ed è in questa atmosfera irrespirabile che toccherà a Jean Michel Cardell detto Mickel, un veterano della guerra russo-svedese, chiamato in aiuto da due bambini, di ripescare dal Fatbure, un lago di Stoccolma, il corpo orrendamente mutilato di uno sconosciuto. Jean Michel Cardell, che ha perso un braccio nella battaglia di Svensksund e sopravvive appena con il magro stipendio di guardia civica arrotondando con altri lavoretti, manda subito a chiamare i gendarmi. Pare impossibile riuscire a dare un nome a qual cadavere straziato di cui l’unica cosa rimasta intatta paiono i lunghi e serici capelli biondi. L’inchiesta verrà affidata dal commissario Norlin, uomo retto e incorruttibile, che guarda solo alla giustizia e proprio per questo destinato a essere presto destituito, a Cecil Winge, un ex integerrimo magistrato ammalato di tubercolosi. Un uomo che, sapendo di dover morire ha chiuso il suo cuore nel tentativo di concedere un’altra possibilità, un migliore futuro alla giovane moglie, abbandonandola. Un uomo che chiederà l’aiuto di Cardell prima di affrontare quell’indagine come l’ultima della sua povera vita. Unico indizio di un qualche valore per trovare una pista: alcuni testimoni hanno notato una portantina abbandonata. L’inverno più freddo a memoria d’uomo incombe sulla Svezia ma Winge, l’esile fuscello minato dalla tosse e Cardell, il gigante, la roccia angosciata da spaventosi ricordi di martirio, dovranno scavare insieme a fondo, affrontare il male e la corruzione che regnano sovrane a tutti i livelli della società svedese, prima di mettere in luce il mistero di una macabra e terribile verità. Questo romanzo che ci stringe lo stomaco, sfiora appena il luccicante sfavillare dei palazzi, la lontana bellezza della città vecchia e ci racconta invece il lato nascosto di un mondo fatto di schiavitù, dove sembra non si possa mai scorgere un raggio di sole. Una Stoccolma brutta, buia, sporca, perennemente invasa dal fetore della sporcizia e dal dolciastro tanfo di cadavere. Dove anche i bambini sembrano avidi cani affamati. Dove si ammutolisce disgustati davanti ai soprusi dei cosiddetti istituti correzionali in cui il valore di ogni persona è calcolato solo se apporta un qualche beneficio. I ricchi spremono e tartassano i poveri per puro piacere, i poveri si sfruttano l’un l’altro per sopravvivere. E per farcela bisogna solo avere pelo sullo stomaco, adattarsi a tutto. Basato su accuratissime fonti storiche, 1793 è la storia brutale e oscura di un diciottesimo secolo molto lontana dalla grandiosità dell’immaginario collettivo e un’eccellente e tragica ricostruzione di cosa furono gli anni della reggenza del futuro Carlo III, tristemente famosi e descritti ai posteri come i tragici anni di piombo dopo una grande età dell’oro. Coinvolgente e scioccante, 1793 è un romanzo cupo ma intenso che ci porta per mano a scoprire la nera realtà della Stoccolma della fine del XVIII secolo, con le sue ingiustizie, le sue perversioni e i suoi tanti fantasmi oscuri.
Niklas Natt och Dag, nato il 3 ottobre 1979, lavora come giornalista freelance a Stoccolma. Niklas Natt och Dag, (in italiano “Notte e Giorno” porta il nome della più antica casata nobiliare della Svezia). Probabilmente anche per questo ha un legame speciale con la storia svedese. Il suo romanzo poliziesco storico “1793” ha vinto numerosi premi, tra cui lo Swedish Crime Award come miglior debutto..La seconda parte della trilogia di Bellman noir, il sequel del 1793, intitolata 1794, è stata pubblicata in Svezia a settembre del 2018.
Niklas Natt Och Dag – 1793
Patrizia Debicke