L’uomo di fumo



Steven Price
L’uomo di fumo
Bompiani
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Spiriti dell’epoca.
Non tutti i fantasmi hanno le sembianze che ci si aspetta. D’altronde, a rimanere seppelliti nella memoria si invecchia e poi, riemergere quando ormai tutti si sono dimenticati, non deve essere proprio uno scherzo.
I ricordi sono una terra insidiosa, per lo più popolata da spettri pronti ad afferrarci e ghermirci verso rimorsi, rimpianti e molti altri lidi in cui l’esistenza è appesantita da un corpulento spirito di gravità.
Non che ciò che ci sta alle spalle debba essere archiviato, sepolto sotto strati di indifferenza, a volte è utile imparare dai propri errori, ma ricordatevi che per far rivivere un’ombra ci vuole del sangue e, se proprio bisogna donarlo, meglio versarlo per il futuro che farlo seccare per il passato.
L’uomo di fumo di Steven Price è un romanzo poderoso, non solo per le 816 pagine di cui è composto, ma anche per l’ambizione con cui “si fa mondo”; l’autore non solo ha versato il proprio sangue per far rivivere su carta la Londra del 1885, gli Stati Uniti della Guerra di Successione e la storia della fondazione della famosissima Agenzia Pinkerton ma ha anche imbastito una trama – che esonda i confini della classica catalogazione per generi – in cui Edward Shade, un ladro dai connotati evanescenti, ossessiona sia il padre che il figlio.
Questa la sinossi ufficiale:
“Londra, 1885. In Edgware Road viene ritrovato il cadavere di una donna. La testa spiccata riaffiora a dieci miglia di distanza dalle acque melmose del Tamigi. L’ennesimo delitto orrendo che rischia di restare irrisolto in una città abitata da relitti umani, attraversata da fogne a cielo aperto, popolata da spiriti vagabondi, fasciata in una perenne nebbia sporca. Il nascondiglio perfetto per l’uomo di fumo, Edward Shade, il criminale che tutti cercano e tutti accusano.
Allan Pinkerton, il detective più celebre di tutti i tempi, è morto senza riuscire a catturarlo; e ora tocca al figlio William, che ha ereditato l’ossessione, portare a termine l’impresa fallita.
Ma anche Adam Foole, gentiluomo trasformista che viaggia accompagnato da un gigante e da una bambina, ha le sue ragioni per ritrovare Shade: e sono ragioni che alludono a un amore perduto, a una lettera, a un viluppo di segreti.”
In una recensione scrivere che in un libro si può “trovare di tutto” e che “ci si è persi durante la lettura” evoca considerazioni pericolose. Riferendosi a L’uomo di fumo non si corre questo rischio perché non è solo una storia crime fatta e finita, ma passa anche attraverso l’avventura, la guerra e l’amore, senza mai essere un collage confuso di momenti, e ci si perde non per la mancanza di una direzione o di una semplice bussola, ma perché rapisce il lettore con una sovrapposizione di piani temporali che rielaborano di continuo il mistero e lo approfondiscono attraverso tutte le anime di un periodo storico affascinante.

Mirko Giacchetti

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