Sei quattro – Hideo Yokoyama



Hideo Yokoyama
Sei quattro
Mondadori
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Uscito senza il traino delle recensioni che contano (Robinson, la Lettura, Ttl e via dicendo) e snobbato pure dai librai (il mio, per esempio, mi ha frettolosamente detto: non gli do una lira), “Sei quattro” merita invece di essere inserito nella lista dei vostri prossimi acquisti.
Non è un thriller estivo, quello scritto dal giapponese Hideo Yokoyama, piuttosto un romanzone di 600 pagine che, scommetto, non vi deluderà. Potrebbe essere un Haruki Murakami in nero, tanto per darvi l’idea. Qui, però, le atmosfere sognanti dell’autore di “Tokio Blues” lasciano spazio alle tenebre e ai toni cupi propri del genere. Ayumi, figlia sedicenne del capo ufficio stampa della polizia regionale, è scomparsa da casa e a cercarla è proprio suo padre, Mikami Yoshinobu, che prima di occuparsi di scartoffie è stato ispettore. Sono i giorni – analogia inquietante per gli investigatori – in cui è tornato a galla il caso irrisolto di una ragazzina rapita e uccisa quattordici anni prima. Fin qui la trama. Sei quattro è già stato definito un romanzo “epico” e paragonato a quelli scritti da Stieg Larsson. Qualcosa di vero c’è, sia nell’epicità, anche soltanto per la mole, sia nei richiami alla saga di Millenium, a causa dell’attenta analisi della realtà, là svedese, qui nipponica.
Se per scrivere, come diceva Italo Calvino (se non ricordo male), non serve viaggiare bensì è sufficiente guardare fuori dalla finestra, allora leggere questo romanzo di Yokoyama si rivela assai utile per capire (e apprezzare, seppur da molto lontano) la società giapponese. Una società dove un crimine non viene mai lasciato impunito e le istituzioni e i cittadini fanno riferimento a una serie di valori – rispetto, etica, senso del dovere e altro ancora – molto ben definiti. Insomma: l’esatto contrario del nostro Paese. Non si tratta di una lettura facilissima, per via dei nomi complicati e delle diverse storie periferiche ma, come già detto, vale la pena affrontarla. Ci si chiede, piuttosto, come mai Mondadori fatichi a trovare una collocazione ben definita per i suoi thriller, che escono ogni volta, ormai da anni e fatta eccezione per i gialli da edicola, in collane e forme diverse. Manca, a chi scrive queste righe, un vestito uguale per tutti. In questo senso, se osservo la mia libreria, individuo subito i thriller di Piemme, Longanesi e Giunti. Non quelli del gigante di Segrate (sebbene Sei quattro sia ben confezionato). Se fosse una canzone potrebbe essere “Something Just Like This” – The Chainsmokers & Coldplay. Voto: 7 e mezzo.

Alessandro Garavaldi

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