L’uomo di marte



Andy Weir
L’uomo di marte
Newton Compton
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Con più di 1 milione di copie vendute solo negli Usa, ai vertici delle classifiche internazionali, tradotto in più di 30 paesi e dopo aver conquistato milioni di lettori nel mondo, il bestseller di esordio di Andy Weir, un straordinario romanzo destinato a conquistare un vasto pubblico ben al di là degli appassionati di fantascienza, è stato portato sullo schermo da Ridley Scott.
Infatti dal 1 ottobre in contemporanea proiezione cinematografica mondiale, il film omonimo del grande regista, interpretato da Matt Damon, attore bravo ed eclettico che credo adattissimo alla parte, è arrivato anche in Italia distribuito da 20th Century Fox.
E non poteva essere altrimenti perché Il sopravvissuto The Martian, l’avvincente e coraggiosa epopea su Marte di un Robinson Crusoe del ventunesimo secolo – ma quanto ho pensato anche a Jules Verne mentre leggevo – sembrava scritta apposta per il cinema.
Un ottimo romanzo, una fiction appassionante e coinvolgente in cui pagina per pagina (e sono ben 384) la fantascienza si trasforma quasi in realtà. E che, soprattutto, compie quella che si penserebbe una “Missione impossibile”: tenere incollato il lettore con il diario, allo stesso tempo straordinariamente drammatico e divertente, delle prove superate per sopravvivere in condizioni che definire disperate è dir poco, di un uomo, da solo su Marte per più di un anno e mezzo. Un protagonista che non abbassa mai le braccia, non perde mai la testa, un simpatico genio dell’autocontrollo e dell’organizzazione, un testardo dal carattere di ferro che gli consentirà di superare difficoltà inimmaginabili e che regge egregiamente la scena, senza mai permettere al pubblico di sbadigliare.
Una breve sintesi per cercare di spiare dalle quinte nel palcoscenico della vicenda, ma per capirla e apprezzarla veramente bisogna leggere, aver paura, respirare di sollievo, soffrire di nuovo, sperare e soprattutto saper ridere di se stessi e scherzare sempre come fa Mark Watney il protagonista della storia: l’ingegnere, contadino.
Mark Watney è uno dei sei astronauti che hanno partecipato della terza missione umana su Marte, denominata Ares 3 e, come lui scrive e precisa ridendo, le missioni inviate prima della sua, Ares1 e Ares2, erano state un successo, con i primi accolti come eroi e i secondi… beh con una calorosa stretta di mano.
La sua, Ares 3, sarà invece tutta un’altra cosa. La narrazione prende il via infatti, con Watney che, ferito e trascinato via da una spaventosa tempesta marziana di sabbia e dato per morto, è riuscito a rifugiarsi nel modulo abbandonato dall’astronave che sta tornando sulla Terra e scrive quanto accaduto al computer affinché quando Ares4, la nuova missione che dovrà arrivare cinque anni dopo su Marte sappia ciò che è accaduto. Perché infatti, per non farsi mancare niente, Mark si ritrova anche senza nessuna possibilità di comunicare.
Abbandonato dai compagni, con gravi deficit organizzativi e scorte di cibo appena sufficienti per non più di 300 giorni, per riuscire a sopravvivere il tempo necessario fino a raggiungere la data prevista per l’atterraggio della successiva missione, dovrà servirsi di tutte le sue conoscenze (è ingegnere e biologo) e procurarsi acqua e cibo. Insomma: inventarsi dei miracoli, affrontare un problema dopo l’altro, e tentare quello che sembrerebbe umanamente impossibile. E non mi provo certo a enumerare tutti i guai che gli pioveranno addosso. Poi… No! Non vi dirò altro.
La narrazione, veloce e scorrevole, funziona alla grande, unico piccolo neo, forse un tantino appesantita dai molti dettagli scientifici (specialmente di chimica e biologia).
Però, statemi a sentire, se amate l’avventura, leggetelo, non ve ne pentirete.

L’autore: Andy Weir ha cominciato come programmatore in un laboratorio a 15 anni e, da allora, ha sempre lavorato come ingegnere del software. È appassionato di ingegneria aerospaziale, fisica relativistica, meccanica orbitale e storia dell’esplorazione spaziale.

 

 

 

Patrizia Debicke

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