Il tesoriere – Gianluca Calvosa

Roma punto di incontro di spie, Guerra fredda, trame fra canoniche e segreterie di partito con “Il Tesoriere, il suo romanzo di esordio, Gianluca Calvosa, traccia abilmente una storia dell’altro secolo ma in grado di spiegarci molto dell’attualità . Una storia che ci consente di rileggere quella che è stata la storia d’Italia attraverso lo spropositato flusso dei soldi che scorre via, attraverso le pagine di un romanzo. Un romanzo utile, sia per chi conosce bene quella storia iniziata dopo la Seconda Guerra mondiale, ma anche per chi non la conosce, vedi la generazione dei Millennials.
Ma anche magari un utile mezzo per comprendere o meglio decifrare questo nostro futuro già cominciato.
Un romanzo d’esordio, insomma, per Gianluca Calvosa, teso a ricostruire ciò che accadde nel decennio forse più politicamente controverso della storia italiana. Una spy story ambientata soprattutto in quel confuso e ambiguo periodo che va dal 1972 al 1976, con le brigate Rosse già all’attacco ma prima dell’omicidio Moro. Un periodo mitico per certuni ma spaventoso e sanguinario per altri e che tuttora si riflette cupamente sui nostri giorni.
Calvosa, mascherandolo abilmente da romanzo, in realtà ha intrapreso un viaggio nel tempo in grado di offrirci una dettagliata ricostruzione e interpretazione dei ricordi e delle parole di coloro che quei fatti li hanno vissuti davvero e in prima persona. Una sincera cronaca di quel periodo in cui anche la letteratura vide il controverso e inibitorio compromesso di annacquare i temi collegati alla rivoluzione.
Italia, 1972. Dopo ben quattordici anni passati a stendere rapporti e a trascrivere notizie destinate a Roma o a Mosca, quasi prigioniero di uno squallido archivio alla periferia di Milano, Andrea Ferrante tira avanti concedendosi solo una volta tanto l’insubordinazione di dire la sua davanti ai capi di passaggio dalla capitale. Il matrimonio con Sandra, oggi trantasettenne, ben organizzata attivista dei diritti femminili, conosciuta e sposata vent’anni prima a Mosca, durante i loro ruggenti e proficui, o almeno così pareva, anni universitari che gli avevano consento di parlare perfettamente il russo, va avanti senza sorprese. Con l’unico figlio Umberto, così chiamato in omaggio al compagno Terracini, universitario in fase di contestazione, solo pochi rapporti quasi tutti ristretti a una domenicale domestica colazione, spesso interrotta da discussioni.
Insomma, ormai vittima di una squallida routine, Ferrante si è abulicamente assoggettato al suo oscuro incarico di piccolo funzionario politico della Federazione di Milano, ad anni luce dalla sperata e brillante carriera che il partito gli aveva fatto annusare. A tirarlo fuori dalla sua semifallimentare abulia sarà un’inattesa convocazione a Roma. Uno scomodo viaggio in cuccetta, Stazione Termini, per far passare il tempo fino all’ora dell’appuntamento la passeggiata a piedi fino alla sede nazionale del Pci alle spalle dell’Altare della Patria e infine l’inimmaginabile ascesa, con l’ascensore riservato ai vertici, verso il paradiso dei piani superiori. E sarà lassù dove, contro ogni regola e consuetudine, il nuovo segretario del PCI (per i pochi che non sapessero, Enrico Berlinguer) lo nominerà sovrintendente alla finanza del partito.
La soddisfazione e la voglia di fare di Ferrante per l’importante incarico, verranno presto sostituite dalle problematiche e le rogne a esso collegate. Tanto per cominciare il suo predecessore è stato ritrovato morto in un contesto delicato, ma e soprattutto il suo primo incarico sarà bloccare l’eccesso di denaro in arrivo da Mosca. Decisione dovuta a uno strategico cambio di rotta nelle scelte del partito. Non sarà facile.
Teniamo presente che si parla di anni di inquietudine e concitazione, con la Guerra Fredda in atto , le università perennemente occupate, i volantinaggi e gli scioperi nelle fabbriche, i cortei per le strade e le prime vittime del terrorismo.
L’Italia è Punto nevralgico del nuovo assetto mondale che va tenuto costantemente sotto controllo. A Roma, privilegiato epicentro della contrapposizione tra Mosca e Washington, scatta un balletto di contrapposizioni tra comunisti, democristiani, CIA, KGB, servizi deviati, brigatisti e alti prelati del Vaticano. Un perenne teatrino alla 007 che, stordito dalle tentazioni della Dolce Vita, fa diventare la Città Eterna un maxi circo dello spionaggio internazionale.
I fatti delittuosi che hanno sbattuto l’ignaro Ferrante in un infernale gioco a incastro senza apparente uscita, ridanno vigore anzi risvegliano fatti lontani dando loro un fatale appuntamento romano. È tempo di fare i conti con il passato? Forse. Ma e come?
Ma è certo che sono in ballo dei soldi, tanti soldi legati a realtà di attivismo, a tradimenti, a ombre che ricompiono, nobili che si sentono proletari, imbroglioni, religiosi affaristi ed involontari eroi. (Nel romanzo, come verremo a conoscenza dei particolari che regolavano il fiume di dollari che arrivava da Mosca, riconosceremo anche facilmente gli agenti stranieri della CIA, del KGB o i volpini rappresentanti dello IOR e ben calibrato l’arcivescovo Marcinkus, detto “Chinkˮ, e individueremo i burattinai e i burattini delle trame delle Brigate rosse, del progetto di rapire Aldo Moro…).
Oggi, con il mondo in bilico verso una nuova Guerra fredda, non più contro l’Urss ma con la Cina. Roma, invece, come allora, pare piazzata al centro della linea di faglia, con l’Italia e il Vaticano, con gli accordi commerciali della “Belt and road” della cinese via delle seta e l’adesione della Santa sede all’accordo, solo provvisorio, per la nomina dei vescovi.
Nel frattempo però la Brexit, in un certo senso, ci ha restituiti all’Italia e all’Europa degli anni ‘70 e ‘80. Infatti oggi l’Europa, come accadeva allora, con l’uscita di Londra, si è staccata totalmente da UKUSA, (alleanza di Paesi anglofoni, guidata dagli Stati Uniti e dal Regno Unito con lo scopo di raccogliere informazioni attraverso attività di intelligence. con i relativi problemi di sicurezza).
E tuttavia l’Italia in parte, per lo meno a livello tecnico, c’è ancora dentro in qualche modo, grazie alla cosiddetta “antenna Martini”, il grande orecchio elettronico che porta il nome dell’ammiraglio Fulvio Martini, capo del Sismi (predecessore dell’AISE) fra i principali protagonisti della Guerra fredda.
Senza quell’antenna, piazzata a Cerveteri (la piccola Echelon italiana a pochi chilometri da Roma, tra il mare e l’Aurelia), infatti, UKUSA non avrebbe potuto trasmettere dalla Norvegia a Cipro fino in Australia nel sistema dei Five Eyes a cui, a ragion veduta, Enrico Borghi (membro pd del Copasir) ha chiesto, data la possibilità, l’indiscutibile vantaggio di inserire l’Italia.
Gianluca Calvosa (Napoli, 1969) dopo la laurea in ingegneria ha svolto un’intensa attività manageriale per poi fondare OpenEconomics, società leader in Italia nella valutazione d’impatto socioeconomico, e Standard Football, spin-off di analisi finanziaria in ambito sportivo. Dal 2002 al 2006 ha diretto la casa editrice de “Il Riformista”, “New Politics” e “Quaderni Radicali” e nel 2004 ha contribuito alla nascita di “Formiche”, magazine multimediale di economia e politica di cui è tuttora presidente.
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