Perchè hai paura? – Jerome Loubry



Jerome Loubry
Perchè hai paura?
SEM
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Sandrine viene ritrovata nel 1986 mentre vaga, allucinata e smarrita, sulla spiaggia di Villers- sur -mer, una cittadina della Normandia. La storia che racconta alla psichiatra incaricata del suo caso e a Damien, l’ispettore che conduce le indagini, sembra una fiaba dal finale tragico: la giovane sostiene di provenire da un’isola poco lontana di cui non conosce il nome. In questa misteriosa isola, Sandrine spiega che si trova un blockhaus, sede di misteriosi esperimenti di medici nazisti durante la seconda guerra mondiale e riconvertito nel 1949 in colonia che ospitava durante le vacanze estive i bambini figli della gente del paese, per consentire loro di riprendersi, fisicamente e psicologicamente, dagli orrori che avevano visto. 

La giovane, che afferma di essere una giornalista, si sarebbe recata sull’isola dove era vissuta la nonna, deceduta lasciandole nel testamento tutti i suoi beni, di cui Sandrine doveva prendere possesso. Ma sull’isola, appena sbarcata dal Lazarus, il traghetto che la collega alla terraferma, Sandrine ha incontrato inquietanti ed enigmatici personaggi, che affermavano di essere costretti a rimanere lì e soprattutto è venuta a conoscenza della tragedia di dieci bambini, ospiti della colonia e tragicamente affogati in un naufragio avvenuto poco tempo dopo l’inaugurazione, nel 1949. 

Sembrerebbe l’inizio di un ordinario thriller, con gli elementi caratteristici del genere: un luogo chiuso, personaggi avvolti nel mistero, improvvise scomparse. Il lettore non deve farsi trarre in inganno: le prime pagine di Perché hai paura lo condurranno, senza che se ne accorga, in un labirinto intricatissimo e pieno di colpi di scena, che lo costringerà, se vuole uscirne, a ripercorrere ogni indizio disseminato in precedenza, a improvvisarsi detective per interpretare ogni parola dei personaggi e comprendere ciò che si nasconde dietro. 

C’è molta psicologia nel romanzo, perfettamente inserita nel marchingegno della trama, con cui lo scrittore gioca col lettore un’interminabile gara, in cui quando sembra di aver raggiunto la meta, tutto cambia e occorre ricominciare da capo. La chiave di lettura è la freudiana “rimozione”, qui identificata come “rifugio”: rifugio del personaggio principale da un orrore talmente devastante che se ammesso lo annichilirebbe totalmente. 

Loubry prosegue la migliore tradizione francese di grandi scrittori di thriller, sulla scia di autori del calibro di Grangè e Thilliez, inserendo di suo una nota di commossa nostalgia, come, ad esempio, il continuo ricordo della guerra, rievocata nei suoi aspetti quotidiani e proprio per questo ancor più drammatici. La costruzione della vicenda è davvero mirabolante, a mo’ di matrioske che sembrano essere innumerevoli e non si può fare a meno di restare ammirati di fronte all’ingegnosità dello scrittore. Questo romanzo è un’opera prima che rivela un grande autore di thriller, di cui attendiamo con impazienza i prossimi libri.

Donatella Brusati

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