La chiave di Cogne



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La chiave di Cogne
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La chiave di Cogne, ovvero, Come si occulta una semplice verità quando il delitto diventa mediatico, da tesi scritta a quattro mani da Valentina Magrin e Fabiana Muceli, diventa libro inchiesta che ricostruisce uno dei più atroci delitti italiani. Analizzando tutte le dichiarazioni di Annamaria Franzoni, le due autrici, ex studentesse di un Master in Giornalismo Investigativo, hanno ricostruito nei minimi dettagli il contesto in cui si sono svolti i fatti, ossia le ore precedenti e successive all’omicidio del piccolo Samuele Lorenzi. Scritto con uno stile semplice “come semplice crediamo sia la verità”, il libro è impostato in maniera tale che sono i fatti stessi a raccontare. Le due giornaliste, in modo certosino, hanno trovato l’elemento stonato, quello che tra i tanti rumori del circo mediatico sviluppatosi attorno al delitto, è andato perduto. Il risultato è un buon tentativo di leggere la vicenda per giungere a trovare delle risposte all’omicidio, in primis, l’arma del delitto.
La Chiave di Cogne è una lezione di giornalismo investigativo. Sono solo i fatti, le testimonianze, gli stralci di verbali senza modificazione alcuna, a parlare. E seguendo questa semplice regola si può arrivare alla verità. Più che l’ennesimo libro sul delitto del piccolo Samuele, La chiave di Cogne, è una denuncia ai media, alla loro capacità di fascinazione e di distrazione, alla loro tendenza a ricoprire ogni piccolo granello di verità con una spessa coltre di pettegolezzo o di spettacolarizzazione. Perchè l’omicidio di Cogne, già il giorno successivo, quando ancora non erano chiare le circostanze della morte del bambino, è stato un caso mediatico. Annamaria Franzoni è diventata da subito il primo esempio di imputato per un efferato delitto che si trasforma in personaggio televisivo. La sua difesa (l’avvocato Carlo Taormina) ha messo in piedi una strategia caratterizzata dall’assidua presenza della donna in tutte le principali trasmissioni. E così lo studio televisivo si è trasformato in un’aula di tribunale, il conduttore è diventato il giudice, coadiuvato da una lunga serie di esperti (criminologi, psicologi, avvocati), e il pubblico, sconcertato, si è diviso tra innocentisti e colpevolisti. Tra un’ospitata e l’altra, tra un Porta a Porta e un Maurizio Costanzo Show, si è perso di vista il fattore essenziale: l’arma del delitto, l’unico elemento che può condurre alla soluzione del caso. A questo punto la domanda sorge spontanea. La Franzoni ha sfruttato l’incertezza generale per alimentare, con la sua assidua presenza televisiva, la confusione intorno al caso, o i media hanno utilizzato la donna e la sua presunzione di innocenza per fare audience?
Valentina Magrin e Fabiana Muceli, guidate dal giornalista Paolo Cucchiarelli, ci conducono in questa giungla di iper informazione. Analizzando ogni singola dichiarazione della donna, carpendone il significato, mettendole a confronto con le altre per trovare analogie e differenze, hanno tentato di far chiarezza sulla tragedia. E ci sono riuscite. Certo, la loro è solo un’ipotesi. Spetta alla giustizia, quella reale, stabilire la verità. A tutti noi non resta che seguire il loro consiglio: “Bisogna spegnere la televisione e lasciare lo spazio all’essenzialità dei fatti, per arrivare alla semplice verità”.

francesca colletti

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