Mr Hyde – Boileau – Narcejac



Boileau – Narcejac
Mr Hyde
Nutrimenti
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Pubblicato per la prima volta nel 1987 dalla francese Editions Denoël, Mr Hyde apparve in Italia dieci anni dopo, nella collana Il Giallo Mondadori che lo lanciava così: “I suoi giorni di bambino erano stati vissuti nel terrore. Un terrore che qualcuno conosceva perfettamente”.
Oggi a riproporlo – nella nuova, brillante traduzione di Giuseppe Grimonti ed Ezio Sinigaglia – è Nutrimenti, casa editrice avvezza alla narrativa di qualità, a ragione convinta che il romanzo, pur a oltre trent’anni dalla sua prima apparizione, conservi intatte solidità narrativa e angosciosa inquietudine. 
Protagonista è René Jeantôme, autore di talento di un unico romanzo, Biribì, che qualche anno prima ha stregato critica e pubblico, riscuotendo i più prestigiosi premi letterari. Da allora però la vena creativa dell’autore si è esaurita e Jeantôme consuma i suoi giorni nell’invidia per la prolifica seppur dozzinale produzione della moglie Valerie (Myriam) La Salle, autrice di best seller romance, e per i tanti giovani e facondi letterati che gli tocca di recensire nel suo impiego presso la casa editrice Delpozzo, la stessa – ironia della sorte – che all’epoca aveva pubblicato il suo romanzo. 
Che fare adesso per vincere quella paura segreta che ha paralizzato la sua ispirazione?  Jeantôme ha già consultato alcuni neurologi – psichiatri no, quelli non lo convincono per il loro ossessivo frugare nel passato -, uno in più non può recargli danno. Ed ecco che la sua scelta cade sul giovane e rampante Brillouin, che fin da subito pare comprendere quel che si cela dietro l’angoscioso problema e ravvisare l’unico modo per superarlo: Jeantôme deve ricordare. Un padre che ha incendiato il mulino di famiglia provocando la morte di un giovane dipendente, la madre suicida dopo la condanna del marito e René, che aveva all’epoca sei anni, affidato a una zia anaffettiva e sballottato tra case di cura e psichiatri. Troppo, per un bambino, per qualsiasi bambino.
Non ricorda quasi nulla, René, di quella notte tragica se non gli “uomini in bianco” che portavano su una lettiga un corpo coperto da un lenzuolo, ma forse è proprio da là che deve cominciare e lasciare a poco a poco riemergere gli orrori del passato. 
Tanto più che, guarda caso, l’editore Delpozzo gli propone di inaugurare con un suo romanzo una nuova collana che vuole lanciare, storie efferate in competizione con quelle della famosa Serie noir di Gallimard: nulla di troppo impegnativo per René, “Una cosa che resti un gioco letterario, ma un gioco che dia i brividi”.
Sia quel che sia, per la sfida dell’editore o lo stimolo del neurologo, i ricordi cominciano a fluire, la memoria aggiunge tassello su tassello e il romanzo prende vita: Mr Hyde, appunto, Jeantôme e il suo doppio forse crudele, nascosto nelle pieghe del passato. Non sulla pagina tuttavia che, salvo qualche conciso appunto, resta bianca, ma nella sua mente, dove le parole prendono a inanellarsi con sorprendente e lusinghiera scioltezza.
Andrebbe tutto bene se nel frattempo, proprio in quel VI arrondissement di Parigi in cui lui stesso abita, alcuni ricchi anziani non cominciassero a morire come mosche, per mano di uno sconcertante assassino che semina indizi modellati sui ricordi di Jeantôme e che ha l’ardire di convocare lui stesso sulla scena dei delitti gli “uomini in bianco” della sua infanzia.
È dunque Jeantôme l’assassino? Lui, preda di un sonnambulismo criminale di cui non ha coscienza ma che gli evoca l’angoscia, e la pari esaltazione, di possedere un doppio omicida? Un alter ego, insomma, che pare trarre il suo vigore e la sua irrefrenabile follia omicida proprio da quei suoi tragici ricordi. Oppure la verità è più complessa e nasconde una macchinazione infernale?
Il lettore, per scoprirlo, dovrà pazientare fino al termine di centosessanta pagine, mai così dense e avvincenti, generose di incubi e malvagità ma anche di humour sulfureo e di riferimenti culturali.

Già, perché il Mr Hyde di Boileau e Narcejac è un romanzo dal fascino inalterato, un noir che si legge come un divertissement – di trama, ritmo, caratteri -, ma che offre ben di più a chi cerca spunti di riflessione.
Che infatti si tratti di letteratura e non di narrativa di genere appare chiaro fin dalle prime righe, una esplosione di immagini azzeccate e funamboliche per descrivere lo spaventevole “blocco dello scrittore” in cui è precipitato Jeantôme. Un “torpore che imbriglia la volontà, disperde l’attenzione e la rende a un tratto capace di far caso ai rumori più attutiti…”. Un vuoto fatale, così irreparabile ai suoi occhi da strappargli un disperato grido di aiuto: «Dottore, sono sterile!»
La narrazione in terza persona nulla toglie all’angosciosa soggettività di Jeantôme, anzi la amplifica, quasi il lettore potesse vederlo con sguardo duplice, interno ed esterno: Jeantôme e la sua alterità, tema portante del romanzo. 
Quella stessa alterità che spinse più volte il grande Rimbaud ad affermare «Io è un altro», in ciò trovando le corde più autentiche della sua espressione poetica. La medesima che indusse Freud a comprendere come ogni individualità sia abitata da un Altro che la tormenta, un abisso insondabile che pare precluso all’Io. 
Quel che Jeantôme dovrà scrivere – ma ci riuscirà? – è appunto la storia del “suo io“, che con tutta evidenza ha perso da bambino, la storia di una vergogna, reale o presunta, che sta rimpiattata dentro di lui e non si vuole mostrare.
Boileau e Narcejac, con maestria e piglio beffardo, accompagnano il lettore in una tragica discesa agli inferi, restituendo intero il raccapriccio di chi si scopre estraneo a sé stesso, reprobo forse, ma in quanto tale fuori dell’ordinario e degno di stima: un artista, dunque. 
Alcuni criminologi sostengono d’altronde che i due processi – distruttivo e creativo – si compongono di ricorrenti slanci della mente che hanno pari bisogno di essere sfogati tramite un’azione concreta. Un serial killer è animato da fantasie violente, che si esauriscono al compimento dell’omicidio, come l’estro artistico si consuma al momento della creazione dell’opera. Tipologie di personalità, entrambe, alla costante ricerca di un pubblico.
Come dar torto, dunque, al sospetto che, giorno dopo giorno, si insinua subdolo nella mente di Jeantôme? Sarà lui il pluriomicida, assassino efferato che si accanisce su fragili vittime compiacendosi di seminare stravaganti indizi come firma d’artista? E, in quanto genio del male, potrà di nuovo essere straordinario talento letterario? Al lettore il piacere di scoprirlo.
Dal canto mio, non posso che consigliare questo piccolo capolavoro che di classico non ha proprio nulla, se non la grandezza di divertire insegnando.

PIERRE BOILEAU (1906 – 1989) E THOMAS NARCEJAC (pseudonimo di Pierre Ayard, 1908 – 1998), coppia autoriale di culto in suolo francese, sono conosciuti anche per la produzione individuale, per la quale ciascuno di loro è stato premiato con il prestigioso “Grand Prix du Roman d’Aventures”.I lavori più interessanti, comunque, sono stati certamente scritti a quattro mani, sia come romanzi, sia come soggetti o sceneggiature per il cinema

Giusy Giulianini

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