Un romanzo d’avventura

MilanoNera incontra Alberto Ongaro, autore de Un Romanzo D’avventura.

“Un libro che sanguina in certi punti e ride in altri, in cui l’allegria compensa il dolore”. E’ lo stesso Alberto Ongaro ad una presentazione in una libreria milanese, a spiegare il significato di Un Romanzo d’avventura. Edito nel 1970 da Mondadori, con in copertina una illustrazione di Hugo Pratt tratta da La ballata del mare salato, il libro non venne più ripubblicato, diventando introvabile persino sul mercato antiquario. Fu Ongaro, mettendo a soqquadro la sua casa a Venezia, a ritrovare il dattiloscritto e ridare alla stampa la storia che vede protagonista Hugo Pratt. Una telefonata notturna, proveniente da Londra, desta il famoso illustratore nella sua casa veneziana e lo mette sulle tracce del suo amico Paco, forse suicida nelle acque del Tamigi. In una vicenda che si svolge nell’arco di una notte, Hugo cerca di capire le motivazioni dell’amico e rivive le emozioni e i ricordi di una vita. E’ una notte di omaggi ai libri, da Moby Dick a Le avventure di Tom Sawyer, che hanno formato l’ Ongaro giornalista, scrittore e lettore. E’ una notte che omaggia la vita, le storie, i viaggi in vari paesi del mondo e le avventure dell’amico creatore di Corto Maltese.


Come ha conosciuto Hugo Pratt?

Nel dopoguerra con un gruppo di amici abbiamo deciso di creare un giornale per ragazzi. Hugo è venuto a saperlo e si è presentato in quella che doveva diventare la nostra redazione. Aveva con sé un pacco di disegni. Di lì è nato un lungo sodalizio.

Come reagì all’uscita del libro?

Non reagì all’uscita perchè sapeva tutto fin da quando ebbi l’idea di scrivere un libro con lui come protagonista. Hugo amava parlare di sé e soprattutto sentir parlare di sé e l’idea di diventare personaggio di un mio romanzo lo entusiasmava. Naturalmente era al corrente che ci sarebbero state cose vere e cose inventate e a lavoro finito le sottoscrisse tutte firmando ogni pagina del manoscritto.

Oltre all’incredulità e al dolore per la scomparsa dell’amico Paco, Pratt prova paura. Una paura che riguarda la sua vita, il suo passato e il suo futuro, che sono in qualche modo coinvolti in questa storia. Romanzo d’avventura, può essere definito un romanzo autobiografico, una sorta di riflessione sulla propria vita, su quello che si è costruito fino ad allora?
Non è Pratt che prova paura, ma il personaggio Pratt che viene a trovarsi in un contesto dominato dalla scomparsa dell’amico che lo mette in discussione con se stesso e con le sue scelte. Pratt e Paco in realtà sono le due anime di un gruppo di amici e in ognuno dei due vi è qualche cosa degli altri.


Lei parla di quei “seri professionisti che avevano quietamente e seriamente vissuto protetti dalla certezza di poter conoscere la propria identità in qualsiasi momento ne avessero avuto bisogno, con il solo dare un’occhiata alle targhe di metallo inchiodate alle porte delle loro case o cercando i propri nomi dentro candidi biglietti da visita custoditi come immagini religiose nei loro portafogli”. Ha scritto il suo romanzo negli anni Settanta, la sua fu una voce unita al coro delle contestazioni sulla società e sulla cultura di allora?

Forse nel libro c’è una visione più pessimistica di quella di chi contestava all’epoca. Una visione basata sul sospetto, se non sulla convinzione ,che la realtà collettiva anche se viene spaccata e capovolta da sommosse e rivoluzioni tenda sempre a ricomporsi e a restare uguale a se stessa. Di qui il bisogno individuale di ricorrere alla propria immaginazione per inventarsi un’altra realtà.


Lei è stata una storica firma de L’Europeo. Quanto ha influito la sua attività di giornalista nella sua esperienza di scrittore?

Credo di aver sempre fatto lo scrittore anche quando facevo il giornalista e lavoravo a L’Europeo. Al di là di un maggiore approfondimento non ho mai sentito una grande differenza tra una scrittura e l’altra. Del resto la narrazione era una delle caratteristiche tradizionali de L’Europeo.

Che sensazioni ha provato rileggendo il suo libro, vedendolo tra gli scaffali di una libreria e riparlandone dopo oltre trent’anni? Cos’è cambiato da allora?

Beh,un po’ di commozione l’ho provata, ma mi sono fatto anche delle grandi risate. Quello che è cambiato è la mia età.

francesca colletti

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