Le invisibili – Gabriella Genisi, Marilù Oliva, Mariolina Venezia, Grazia Verasani



Genisi, Oliva, Venezia, Verasani
Le invisibili
Rizzoli
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In questa raccolta di racconti ritroviamo quattro regine del noir, Gabriella Genisi, Marilù Oliva, Mariolina Venezia e Grazia Verasani, che ci narrano di omicidi compiuti da donne. La particolarità, però, è che queste donne sono invisibili alla società che le circonda, e quindi prima di essere colpevoli sono esse stesse delle vittime.

Nel primo racconto della Genisi, “ Le guardiane del faro “, un sub avvista nelle acque di Otranto una sirena anziana con dei capelli lunghissimi. Successivamente un altro sub, che pareva aver fatto una scoperta eccezionale in mare, viene ucciso con una fiocina. Toccherà a una donna in carne e ossa, il maresciallo Lopez, scoprire che veramente esiste questa sirena e non è nemmeno l’unica. Bellissima la descrizione del mare e il richiamo del barocco leccese, dove spesso sono rappresentate sirene anche con la doppia coda.

Nel racconto di Marilù Oliva, “ L’ultimo blues di Salomè “, l’ispettrice Micol Medici indaga sull’omicidio di un produttore discografico molto potente. Davvero interessante la descrizione del mondo musicale, dove molte cantanti donne non riescono ad avere successo perché non sottostanno ai ricatti sessuali. E Salomè, nome d’arte ovviamente, è una di queste. Sarà stata lei a uccidere il produttore discografico?

“ Lettera alla mia giudice “ di Mariolina Venezia, mi ha ricordato il quasi omonimo “Lettera al mio giudice” di Simenon. In questo caso si tratta di un’attrice, venuta dal nulla, che è stata condannata per omicidio e dal carcere scrive una lunga lettera al suo giudice appunto. Il giudice in questione è il sostituto procuratore Imma Tataranni, personaggio già noto anche per la serie tv. Nella lettera l’attrice racconta tutta la sua vita per far capire alla Tataranni che non è quel mostro che hanno dipinto i giornali. E’ interessante come l’attrice, durante il processo, abbia colto molti particolari della vita della Tataranni, compreso il suo debole per l’aiutante Calligiuri.

Grazia Verasani con il suo “ Do ut des “ conclude la raccolta. Nella sua opera ci racconta di una figlia vittima delle angherie della madre, con la quale è costretta a convivere avendo perso il lavoro. La donna deve accudire la madre, che, nonostante questo, la tratta male. Infatti la prende continuamente in giro per la sua obesità e per l’incapacità di tenersi un lavoro, e poi le lesina il denaro per vivere. La figlia crede di aver trovato un’amica in una vicina di casa che viene picchiata dal marito. Da qui il patto infernale che le propone, ispirandosi a un film di Hitchcock, “ Io uccido tuo marito e tu uccidi mia madre.” Ma anche il migliore dei piani può non andare come ci si aspettava. In questo racconto il punto di forza è l’analogia fra la situazione delle due donne: fanno più male le botte fisiche del marito o le angherie psicologiche della madre? 

In conclusione una bella prova per ciascuna autrice, alle prese con lo spazio limitato di un racconto, ciascuno dei quali diventa un mini-romanzo con molti punti di riflessione per i lettori e soprattutto le lettrici.

Raffaella Bianchi

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