Varney il vampiro il banchetto di sangue

La figura del vampiro è stata rivalutata e attualizzata da romanzi, serie TV e film, da Twilight a New Moon, da Buffy a Eclipse, che non solo coprono e soddisfano diverse fasce generazionali ma propongono la figura del vampiro come un essere moderno, ambiguo e solitario che, a suo modo, da outsider vive nella nostra società.

Se nel 1819, Il vampiro di John William Polidori inaugura il percorso narrativo di un genere che troverà il suo apice nel Dracula di Bram Stoker del 1897; cinquant’anni prima veniva pubblicato nell’Inghilterra vittoriana il romanzo in tre volumi Varney il vampiro attribuito a Thomas Preskett Prest e James Malcolm Rymer.

Precedentemente uscito come penny dreadful e stampato in migliaia di copie, il romanzo all’epoca è stato però offuscato da quelli di Dickens, Thackerey e Bronte. La critica contemporanea lo ha rivalutato e Kurt Hen definisce sir Francis Varney un vampiro di transizione che, pur calato nel periodo vittoriano offre un accurato affresco della società con la quale è in conflitto e di cui non potrà mai farne parte.

Il volume Il banchetto di sangue intreccia le vicende della famiglia Bannerworth, che risiede nella casa di campagna vicino Londra, con le mire dell’enigmatico e inquietante sir Francis Varney che si introduce in casa compiendo il suo pasto spaventoso sulla giovane e bella Flora con l’intento di impossessarsi di Bannerworth Hall.

La caccia al vampiro è aperta e vi partecipano sia gli uomini di casa Bannerworth, il dottor Chillingworth, il giovane Charles Holland, l’ammiraglio Bell e l’amico Mr Marchdale, sia l’intero villaggio che impaurito e inferocito tenta di stanarlo.

I sessantacinque capitoli del volume sono introdotti da Le metamorfosi di un vampiro del professor Carlo Pagetti, docente di Letteratura Inglese Contemporanea, Cultura dei Paesi di lingua inglese e Storia del teatro inglese all’Università degli Studi di Milano al quale rivolgo le mie domande sui misteri e curiosità del feuilleton.

Perchè c’è tanto mistero intorno all’autore?

Si tratta di un mistero relativo. Sia Rymer che Priest sono personaggi appartenenti al sottobosco letterario londinese dell’epoca (il termine sottobosco non implica da parte mia un atteggiamento di disprezzo). Sono poligrafi impegnati a produrre trame, racconti, riviste in grande quantità e non ambiscono all’immortalità letteraria, sebbene essi si servano dello stesso materiale sociale e dello stesso retroterra culturale che troviamo anche, ad esempio, nelle opere contemporanee di Charles Dickens. Non pubblicizzano le loro opere ed è probabile che spesso lavorino in collaborazione con altri colleghi. Peraltro, con tutte le differenze del caso, la stessa cosa succedeva a Shakespeare e ai drammaturghi a lui contemporanei.

Il personaggio di Varney è un aristocratico, usa un linguaggio forbito ma anche colorito. E’ avido di sangue e ricchezze e cambia spesso identità. Mi spiega le sue contraddizioni e ambiguità?

Non c’è dubbio che, a differenza di Dracula, che proviene dal mondo lontano della Transilvania, Varney sia un vampiro inglese. Come sarà anche per Dracula, Varney rappresenta un ceto sociale alto, considerato dalla cultura britannica ottocentesca come legato al passato (e ormai privo di mezzi economici), potenzialmente immorale (si vedano le sue arti seduttive esercitate su fanciulle giovani e belle), pericoloso per quei valori familiari su cui si basava il vittorianesimo. Nello stesso tempo, in quanto aristocratico, Varney conserva una sua truce grandezza (come si vede dal suo portamento e dal suo linguaggio) che scatena l’ostilità della plebe, il popolino del villaggio, rozzo e ignorante.

Varney nei suoi tre volumi copre un lungo arco di tempo che dal Seicento arriva agli inizi dell’Ottocento. Come cambia la figura del vampiro nei diversi secoli e la sua considerazione?

Nel corso del romanzo, come spiego nell’Introduzione al I volume, Varney cambia continuamente di identità, non sempre in modo del tutto coerente. Direi tuttavia che il carattere proteiforme della sua natura (si pensi ai travestimenti, sempre più numerosi via via che la vicenda procede) conferma la pericolosità, ma anche il fascino, di un personaggio che non è mai riconducibile a un’unica definizione, e che rimane sostanzialmente ambiguo, inafferrabile.

Tra cinema e narrativa la figura del vampiro è ancora molto attuale. Come spiega la sua modernità?

L’incontro con il sangue (sia in prospettiva maschile e femminile) è probabilmente un’esperienza fondamentale dei teenagers, i consumatori, soprattutto in USA, della cosiddetta YOUNG ADULT LITERATURE. La fortuna soprattutto americana della letteratura e della cinematografia vampirica è legata a fenomeni culturali complessi: il fascino per il diverso, che però si possa anche addomesticare, possedere; la scoperta di un passato mitico, più semplice da assorbire di quanto non richiede una complicata ricostruzione storica; la componente erotica (anch’essa riconducibile alle pulsioni adolescenziali) che la storia del vampiro assorbe e sviluppa.

Che consiglio dà ai potenziali lettori di Varney?

Leggere il romanzo fino in fondo, malgrado la lunghezza e talvolta la prolissità: la conclusione è assolutamente spettacolare.

cristina marra

Potrebbero interessarti anche...