A Milano si muore così



Adele Marini
A Milano si muore così
Frilli
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Con un brillante attacco che ci richiama il grande Marlon Brando del Padrino, Adele Marini, ci catapulta nella terribile realtà del mondo della ndrangheta lombarda. Un avvincente noir, ma anche quasi un saggio d’inchiesta mascherato da fiction, che offre una lucida chiave per scomode verità e tremendi segreti. Con pazienza quasi certosina, in un romanzo corale visto e vissuto attraverso la mente, le idee e gli occhi di tanti personaggi, l’autrice introduce uno dopo l’altro tanti tasselli di una trama che appaiono apparentemente slegati tra loro. Tanti flash premonitori che si susseguono ma ingannano, scanditi seccamente dai nomi propri della persone. Il commissario Vincenzo Marino, su incarico del sostituto procuratore De Matteo è strappato dalla sua abulia per l’attesa del sospirato trasferimento a Napoli dopo tanti anni a nord, e costretto a prendere in mano una patata bollente: scoprire l’autore di un’inspiegabile strage familiare con cinque morti di cui due gemelli di sette anni e una sesta persona, una giovane donna, in coma irreversibile. Ma l’avanzare delle indagini farà scoprire che in realtà i diversi delitti, avvenuti a catena uno dopo l’altro e apparentemente senza connessione logica, hanno tutti in comune l’arma usata dall’assassino, una pistola. L’elenco dei morti vede: il 2 novembre un vigilante notturno e due piccoli imprenditori indebitati, il 3 novembre l’incredibile efferata tragedia e ultima, con tutte le stigmate della ndrangheta il 4 novembre l’uccisione della moglie di un giudice sotto protezione delle forze dell’ordine perché impegnato in un’indagine scomoda e difficile… L’arma che ha barbaramente ucciso è una Beretta 7,65. Una serie di regolamenti di conti? Ma non basta: il 6 novembre Giulia Morelli, una ragazzina dodicenne, appassionata nuotatrice, figlia di genitori abbienti e separati, scompare… Tutto fa sospettare uno scenario mafioso. Vincenzo Marino chiede l’aiuto di Sandra Leoni, una amica e collaboratrice per anni, trasferita alla ERT di Roma e mette in caccia un ex poliziotto divenuto un soffio della polizia. Ma il caso porta Laura Colorni, sequestrata e liberata a nove anni, nel 1971, mentre è in fila alla cassa di un supermarket, ad ascoltare e riconoscere la voce del suo carceriere di allora. L’uomo che spinge il carretto dietro di lei è accompagnato da una donna. Laura, che non ha mai superato lo choc di una spaventosa prigionia sottoterra, chiusa dentro una cassa, s’imbarca in un folle e disperato pedinamento del suo aguzzino. Il destino si è messo in moto… I tasselli cominciano lentamente a incastrarsi? Ma la strada è lunga e resa anche più lunga dallo sterile gareggiare delle diverse procure nonostante la proficua collaborazione tra carabinieri e polizia. Con l’accuratezza dei tanti particolari, che rendono A Milano si muore così un perfetto manuale di sistemi investigativi, Adele Marini pagina dopo pagina ci svela abilmente la sua trama. Si scoprirà che le schedine del Totip diventano minacciosi pizzini di morte ma si scoprirà soprattutto che l’ombra nera della ndrangheta del Nord aleggia sinistramente su tutti noi. Purtroppo quando si parla e si legge d’Italia troppo spesso la si vede come un fucina malavitosa che riesce a calamitare e fare alleanze anche con tutte le mafie internazionali. Le sue omertà, le negligenze, il troppo lasciar vivere ricadono come martelli sulla testa dei poveri cittadini. Media, web fiction e tutto il mondo sembrano rincorrere qualcosa: lusso, visibilità successo. Ma la facile ricchezza è un miraggio che scotta e la ndrina ha rapaci mani lunghissime. Il male è ovunque, ma confesso che questo libro mi ha fatto paura. Il suo inanellare all’infinito società sempre più segrete e il pensare che ormai sia infiltrata dappertutto non mi piace affatto. Migliorerà? Mah? E, se sì, come?

patrizia debicke

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