Per i buoni sentimenti rivolgetevi altrove



Roberto Carboni
Per i buoni sentimenti rivolgetevi altrove
Fratelli Frilli
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E’ diverso da tutti l’ultimo romanzo di Roberto Carboni, Per i buoni sentimenti rivolgetevi altrove, illuminato a tratti da un sorriso beffardo. Nessun folle omicida, nessun serial killer, crimini sì ma di ordinaria umanità. In compenso perfidia tanta, sebbene di un calibro che il nostro tempo ben riconosce.
Lucio Zanotti, gaudente commerciante bolognese di fiori, ha collaudato negli anni un meccanismo perfetto per ingannare la moglie Guenda, autentica megera sia in veste di coniuge che di titolare della fiorente impresa. Dotato di un cervello finissimo, Lucio infatti trucca i conti dell’azienda con scaltrezza esemplare, accantonando un discreto gruzzolo per le sue frequenti scappatelle. Le belle donne sono ahimè il suo tallone d’Achille, e il lettore non può che simpatizzare con lui vista la moglie che si ritrova, sposata del resto solo per il conto in banca. Un brutto giorno però qualcosa gli sfugge di mano e ci scappa il morto. Lucio così, da furbo galletto che si gode la vita, precipita nell’infimo ruolo di vittima, disperata per ricatti sempre più onerosi. Perde tutto – soldi, lavoro, perfino la moglie – ma lui non ci sta, a quel ruolo passivo, e farà di tutto per riprendersi la sua vita. Costi quel che costi.
Di buoni sentimenti davvero non ce ne sono in questo romanzo che ci trascina con ritmo forsennato da un inganno all’altro, da un ricatto all’altro, in un gioco di specchi che inganna il lettore fino all’ultima riga. L’unica eccezione forse è rappresentata dal robusto affetto che Lucio nutre, ricambiato, per la sua famiglia di origine: la tenerezza per la madre Maria – precoce vedova, che ha dovuto arrabattarsi per allevare da sola quattro figli e che di lì a poco se n’è visto ammazzare uno da uno stupido incidente in moto – e la complicità che lo lega ai fratelli superstiti, i gemelli Franco e Piero, emigrati da anni in Germania dove gestiscono, non proprio alla luce del sole, una wahre italienische pizzeria, pronti però a ubbidire al richiamo degli affetti e a valicare le Alpi per correre in aiuto di Lucio.
Una folla di personaggi percorre le pagine di Per i buoni sentimenti rivolgetevi altrove , tutti tratteggiati con solida intuizione, tutti resi unici da gergo, movenze, espressioni che l’autore restituisce con vivida padronanza.
C’è anche Carboni tra le comparse, in un divertito cameo che ricorda le autocitazioni del grande Hitch nelle prime sequenze dei suoi film: impersona se stesso, Carboni, come il taxista che è stato per diciassette anni, e si fotografa come “uno scimmione brizzolato con scarpe inglesi, un completo nero e un vistoso tatuaggio sul collo”, liquidandosi poi con il poco gratificante epiteto di “strano tipo”.
Per i buoni sentimenti rivolgetevi altrove era uscito in una precedente edizione nel 2010, all’inizio della carriera dell’autore e per i tipi della Dalila Sottani Editrice. La veste attuale, pubblicata dai Fratelli Frilli Editori, non tocca la storia né i personaggi.
Carboni però ha operato una ricca revisione a livello stilistico, alla luce dello studio profondo che da anni va compiendo in tema di tecniche di comunicazione e di programmazione neuro linguistica.
Nulla è lasciato al caso.
Non certo la simmetria con cui il vento apre e chiude il romanzo (“l’aria gelida che si conficcava come un chiodo” nell’inverno bolognese e “il vento umido del sud, che fa sembrare l’aria sciroppo” nella primavera, quasi africana, di Lampedusa).
E gratuite non sono di certo le affilate similitudini, che regalano coloriti e gustosi contrappunti al racconto: l’occhiata di Vera all’indirizzo di Lucio, lei femme fatale avida e carnale, che pregusta il loro prossimo incontro “desiderosa come davanti a una vetrina di Louis Vuitton”; oppure la vita, che abbandona uno dei persecutori di Lucio “come il vapore che esce dai tombini”; o ancora, la sensazione che pervade il protagonista al suo ingresso in un ristorante, dove otto tavolini apparecchiati sembravano “cani legati fuori da un negozio, che scodinzolavano in attesa del padrone”.
Neanche il frequente ricorso al gerundio suona accidentale, ma piuttosto come il riuscito tentativo dell’autore di ribadire il rapporto di causalità tra l’azione secondaria e quella principale.
Men che mai fortuita appare infine la strategia con cui Roberto Carboni, abile scacchista, dipana l’intera vicenda: tra aperture, mosse, assalti e difese, la partita di Lucio Zanotti viene in realtà giocata con la vita e con la morte.
E il finale, da buon noir che si rispetti, sorprende alla grande il lettore ma gli si rivela da ultimo come l’unico possibile.

Giusy Giulianini

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