Appunti di un venditore di donne



giorgio faletti
Appunti di un venditore di donne
baldini castoldi dalai
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Lui si chiama Bravo. Ovvio, uno pseudonimo. Ma glielo hanno appiccicato sulla pelle più di un nome bagnato con l’acqua battesimale. Vive nella Milano del 1978. Procura appuntamenti sessuali a un gruppo di ragazze, ma chiamarlo magnaccia non gli rende giustizia. Innanzitutto perché proprio non ha il physique du rôle tradizionale del protettore. E poi perché una grave menomazione subita quando era ragazzo ha lacerato in lui ogni residuo di aggressività esterna. Non però la rabbia che si porta dentro.

Bravo pensa di vivere la sua vita di sempre. Gira qualche volta a pieno e pirla altre volte a vuoto in una città che ritiene essere ancora ingenua e accogliente, se non più innocente. Sì, d’accordo il terrorismo ha il respiro pesante, il sequestro Moro è in piena evoluzione, ma c’è sempre l’Ascot (leggete: Derby Club) a rubare una risata e regalare notti infinite che sembrano fermare il tempo biologico di artisti, maestranze e pubblico.

Affrontiamo la questione col coltello: Appunti di un venditore di donne è il più completo romanzo di Giorgio Faletti. Chi scrive ha un sentimento d’orrichiano verso lo scrittore astigiano. Ne apprezza il talento con cui fa della storia puro pathos e la scrittura col quale governarlo fino a un punto d’esplosione spesso esplosivo.

A differenza dei precedenti quattro romanzi qui il disastro arriva con calma. Si passa per tempo da un piano quasi moraviano a quel profilo americano doc che tanto caratterizza il suo profilo letterario (e che parecchia frustrazione ha suscitato in chi non riuscirebbe in due vite intere a raggiungere).

Nel suo primo romanzo ambientato in Italia (escluso ben inteso il cameo romano di Niente di vero tranne gli occhi), Faletti riavvolge il nastro della sua vita e toglie polvere a quella Milano che lo accolse nei suoi esordi allo storico Derby. La storia è perfetta coi suoi nodi e i suoi intrecci, ma l’abilità maggiore è aver dato corpo e voce a un personaggio letterario bellissimo, che non si pretende seriale, ma che sarebbe una disdetta perdere così, dopo averlo conosciuto. Anche se forse, Vecchioni ci scusi, le luci a Piazzale Lotto o al Quartiere Tessera non le accenderanno più.

Corrado Ori Tanzi

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