Torna dopo una breve pausa Anton Giulio Rincucci, il serial killer di ” Delitti fuori orario” che Daniela Alibrandi aveva ambientato al quartiere Prati di Roma. E torna dopo aver trascorso qualche anno all’Ospedale Psichiatrico di Montelupo Fiorentino. Buona condotta ma soprattutto un percorso di recupero convincente gli fanno ottenere il via libera per il ritorno a Roma, prima al reparto di neuropsichiatria al Gianicolense e dopo a casa in affidamento ai servizi sociali. Accompagna nelle sue attività don Giacomo, il parroco della Basilica di Giovanni e Paolo al Celio. Ma in testa ha un solo obiettivo: vendicarsi del commissario Riccardo Rosco e della sua squadra , responsabili del suo arresto. Negli anni in ospedale ha studiato nei particolari il modo per vendicarsi. Ha seguito gli agenti nel loro percorso. E’ freddo e determinato e non ha perso la voglia di uccidere. Un colpo secco alla gola, una stretta all’osso ioide e ” sente” la vita che sfugge. Un piacere immenso maturato dopo gli anni di violenze ed abusi da parte del padre e dell’indifferenza della madre, donna anaffettiva che abbiamo imparato a conoscere in ” Delitti fuori orario”.
In parallelo alla ripresa della vita in comunità di Rincucci, , scorrono le pagine dedicata alla squadra del commissariato Prati, da Rosco alla viceispettrice Porzio. Un gruppo affiato e animato dalla competizione tra il commissario e Porzio. Napoletana, senza peli sulla lingua cui il commissario invidia le intuizioni che ne fanno un investigatore con i fiocchi. Lui Riccardo Rosco è riuscito a coronare il suo desiderio, sposare Marilena, la donna che aveva sottratto alle grinfie di un compagno persecutore. Compagna e madre dolcissima del piccolo Robertino. Daniela Alibrandi mentre ci descrive gli ” efferati” delitti di Rincucci – strozza le sue vittime e le conduce nei sotterranei della Basilica che frequenta per gettarli nelle acque limpide dei laghetti che si alternano alle grotte e alle caverne nel sottosuolo della Chiesa- ci accompagna nelle avventure sentimentali della ” squadra”. Gli amori, le preoccupazioni, le tenerezze familiari, le solitudini. Il thriller non é solo un thriller, ma il romanzo di un pezzo di Roma della seconda metà degli anni ’80. Una buona parte del romanzo si svolge all’oscuro, nel sottosuolo della città . Un labirinto di acque e di misteri frequentato nella storia e poi abbandonato. Un pezzo di città frequentato solo da scienziati per le loro ricerche e da uomini perduti che vi conducono una vita parallela. Lontana dai riflettori: una vita inconfessabile. Il team del commissario Rosco annaspa un pò nelle indagini. Le prime vittime indirizzano i sospetti negli ambienti degli usurai e delle loro vittime. Ad immaginare che la pista sia un’altra è la viceispettrice Porzio. Ad allarmarla sono quelle dita strette attorno al collo a spezzare l’osso. Una tecnica tipica di Mani fredde/ Mani calde, l’alias di Rincucci. I cadaveri diventano due, poi tre, senza che emerga un indiziato. E allora che il serial killer decide di accelerare i tempi della sua vendetta. Il ritmo blando del racconto si fa più deciso. La vendetta di Rincucci intende colpire il commissario e l’agente Loverso negli affetti più cari. L’uomo riesce con astuzia ad avvicinarsi alle famiglie dei due poliziotti. E il romanzo assume i connotati di uno scontro finale. Con un piccolo colpo di scena inatteso .Mani fredde/ Mani calde finisce di soffrire e di far soffrire. E la squadra del commissario entra in tensione. Forse è la fine di un gruppo efficace e affiatato.