Le ombre della sera. Bacci Pagano e un’indagine senza capo né coda
L’amicizia, la morte, il volere sapere a tutti costi la verità, gli anni che passano tropo veloci e la buona cucina ligure. A conti fatti sono questi i principali ingredienti della storia che riporta in scena Bacci Pagano. Lui che lavora ancora, non è morto nossignori e, se l’avevate pensato, male! Male davvero. E infatti Bacci è tornato.
Ma tornato per essere coinvolto suo malgrado in un’indagine che non vorrebbe proprio dovere fare. E infatti nicchia, prova a negarsi e quando finisce con l’accettare, lo fa a mezza bocca, con riserva. Non gli piace andare a frugare in quel passato, nel passato di Cesare Almansi.
Solo l’arrivo della vecchia amica e compagna di scuola Katia Airoldi che non vedeva da otto anni, dal giorno del funerale del marito, l’ha praticamente plagiato. Katia gli è piombata in casa quando Bacci aveva appena finito di preparare il pesto per la cena e, suo malgrado, l’ha messo alle corde.
Lei che si arrovella ancora a anni di distanza, non trova pace, vuole sapere, deve capire a tutti i costi cosa abbia veramente causato la morte di suo marito nel 2015. Il padre dei loro due figli. Un uomo con il quale bene o male, ha condiviso tutta una vita di moglie , pur non ignorando le sue frequenti infedeltà. Nel 2015, otto anni prima, Cesare Almansi rappresentava la sua regione in senato, eletto per far passare un ambizioso progetto sul riciclo dei rifiuti. Ma l’epoca non era ancora matura, il suo progetto era stato praticamente impallinato, limato, corretto, sminuito fino a farlo diventare un’altra cosa. Il fatto l’aveva deluso, ferito e tuttavia era rimasto a battersi a Roma, continuando a lavorare, portando avanti altre idee utili benché meno ambiziose… Qualche nuovo agguerrito rivale? Un oscuro nemico che lo voleva morto?
Strano, anzi praticamente impossibile, perché l’inchiesta successiva, compiuta scrupolosamente da procura e polizia, aveva subito escluso un’omicidio e la possibilità di un attentato. Tanto per cominciare la macchina non era stata manomessa e poi sull’asfalto zero tracce di frenata. Cesare Almansi non aveva bevuto, né preso farmaci. Per andare a sbattere in quel modo era ipotizzabile un colpo di sonno.
Era stata quella la causa del suo mortale incidente quando alle due di mattina di un martedì, con la sua BMW, lanciata a centottanta all’ora, era andato a schiantarsi contro il guardrail? La sera precedente, prima di partire, aveva cenato a Roma a tavola con un giovane collega. Poi a mezzanotte aveva recuperato la macchina dal garage e via. Ma dopo, dopo? Cos’era successo veramente per l’autostrada? Almansi d’abitudine non viaggiava di martedì, mentre invece rientrava a casa puntualmente ogni venerdì sera. La sua agenda romana, in mano alla vecchia e fedele segretaria, riportava diversi appuntamenti per i giorni successivi. Appuntamenti che non erano stati cancellati e lui era un uomo molto preciso. Cosa l’aveva spinto a tornare in fretta e furia a Genova? E la sua morte era dovuta a un tragico incidente o magari a un suicidio? Ma un suicidio perché? Che motivi poteva avere il ricco e sicuro Cesare Almansi per togliersi la vita?
Con tristezza e controvoglia, per indagare su quella morte, Bacci sarà costretto a tornare al passato, a imbarcarsi in una come la definisce Morchio “un’indagine senza capo né cosa” impegnato a sfogliare di nuovo il corposo album dei suoi ricordi buoni, meno buoni, cattivi e addirittura tragici. E soprattutto dei tanti ricordi condivisi con il morto a cui lo legavano una grande amicizia dai tempi della scuola. Figlio dell’uomo che l’aveva salvato, difendendolo e tirandolo fuori di prigione dopo aver già scontato cinque anni di un’ingiusta condanna. Un’amicizia addirittura fraterna, ma che dopo aveva anche ha conosciuto lunghissimi anni di lontananza, trentatré addirittura, durante i quali non si erano mai sentiti. Perché era successo? Cosa li aveva allontanati , dividendo le loro strade per così tanto tempo? E perché?
Un’indagine ostica e, per ricostruire pezzo pezzo e a fatica gli ultimi giorni di Almansi, Bacci dovrà riallineare tutte le sue ipotesi e indovinare il perché dell’ultimo libro che l’amico leggeva prima dell’incidente. Ma non basta, perché gli serviranno anche i lumi di Giulia, sua nuova e combattiva compagna, quelli del vecchio amico, l’ex vice questore Pertusiello, storico alleato di tante avventure e della figlia Aglaia che vive e lavora a Parigi ma pare disposta a trasformarsi in una consulente. Si rivelerà lo stesso una cupa e difficile indagine, solo alleggerita da spunti di gusti e sapori domestici e dalla scoperta in compagnia di piccole trattorie dell’entroterra.
Pian piano, con il passare dei giorni, attraverso confidenze e sofferte confessioni tornano i particolari lontani, i ricordi permeati di malinconia, mentre qualcosa emerge per chiarire meglio i veri rapporti intercorsi tra Almansi e quelle che sono state le persone davvero importanti nella sua vita. Una verità con la quale anche Bacci dovrà riuscire a confrontarsi, tenendone conto. Ma per offrire delle possibili risposte, la strada sarà molto lunga e tutta in salita
Bruno Morchio definisce questo suo libro, che almeno in apparenza parrebbe un nuovo romanzo della serie di Bacci Pagano, un’altra cosa. Ovverosia dichiara senza mezzi termini è “una sfida al romanzo giallo e ai suoi cliché” che li rendono troppo spesso simili e sempre ancorati a una stessa linea della trama. E infatti Morchio si è divertito a trasformare il suo: Le ombre della sera in una specie di viaggio/scoperta interiore del protagonista che riesce a scavare più a fondo nella vita, nei desideri, nei timori e nei sentimenti dei diversi personaggi e lo costringe a riflettere sull’amicizia, sullo scorrere del tempo, sulla morte, e persino su se stesso e la propria individualità.
Un libro che, in chiave con le sue riflessioni, ha voluto dedicare a tutti coloro che ha perso per strada. Vivi o morti e quindi anche a tutti coloro che per difficoltà o propria scelta esistenziale hanno imboccato un diverso cammino dal suo, dileguandosi nel nulla come meteore…