Esempio cristallino di metaletteratura, con il travalicare i generi letterari e insistere piuttosto nel processo spesso contraddittorio dello scrivere in sé, è la vicenda narrativa di : Essere Bob Lang di Diego Zandel, uno scrittore che ha ben metabolizzato le sue origini fiumane istriane, inserendole in una vasta cultura europea con un occhio affettuoso alla cultura greca.
La frustrazione umana, intellettuale ed erotica di un bancario quarantenne lo porta a ritagliarsi due mondi paralleli, dove allo stesso tempo è Marco Molina impiegato insoddisfatto ma marito di Susy e padre modello di un simpaticissimo bambino dislessico, che il suo amore per gli scritti di Hemingway l’ha spinto a chiamare Ernesto, mentre sogna di essere Bob Lang, giornalista di successo impegnato in un’avventura. L’identificazione lo coinvolge talmente da farlo sentire personaggio di quello che vorrebbe il suo romanzo di esordio e lo precipita in una convulsa ricerca di modelli ai quali ispirarsi. Un gioco binario nel quale l’autore è alla stesso tempo maestro e allievo, dove si colgono consigli e insegnamenti che sono validi per ogni futuro scrittore ma che porta a mischiare pericolosamente la trama da spy story, inventata con calibrato meccanismo da thriller dall’aspirante scrittore, alla sua vita reale. E quindi Marco Molina diventa Bob Lang, Sebastiano Monti: Vasco Carena, Vera la figlia di Monti: Veronica, la pasionaria e Leila, la hostess Alitalia in Banca Riposi Individuale: Alexandra Kounellis, hostess Olympic. Il romanzo corre, funziona? Il segreto di Zandel è di riuscire a trascinare il lettore, a coinvolgerlo emotivamente nelle vicende raccontate che sempre di più si fanno orco dominatore fino addirittura a divorare Marco Molina, il loro povero creatore.
E ciliegina sulla torta l’autore ci offre, con le parole del grande scrittore, mentore e coprotagonista di Essere Bob Lang, una distaccata ma spietata critica delle logiche che guidano il mondo editoriale di oggi.
Essere Bob Lang
patrizia debicke