Gray – Leonie Swann



Leonie Swann
Gray
Bompiani
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Da più recenti voci sulla sua biografia risulta che Leonie Swann , nome de plume dell’autrice, una tedesca purosangue, abbia studiato a Monaco e a Berlino dove vive, ma più di recente avrebbe scelto di stare anche in Inghilterra. E comunque, che ci stia o no, dalla prima pagina traspira, anzi è evidente, quanto la sua nuova possibile residenza nella perfida Albione l’abbia vieppiù favorevolmente contagiata. Intanto il romanzo si svolge tutto in Inghilterra e più precisamente a Cambridge, tempio inglese della cultura. E in Gray, Leonie Swann prosegue dritta per la strada imboccata con i primi due libri. Anche stavolta nulla di spaventoso o peggio ai limiti dell’horror, roba frequente nei romanzi dai suoi conterranei e che rischia di mandare a nanna i lettori con la luce accesa, ma invece un giallo dal sapore squisitamente anglosassone con gli animali tra i protagonisti principali. Una storia con i fiocchi e con le frange e tutti i titoli per fregiarsi del termine thriller ma in cui si ride dalla prima all’ultima pagina, anche se l’autrice è stata bravissima a inserire nella trama una bella dose di suspense e la descrizione di situazioni al limite del cardiopalma che fanno rizzare i capelli in testa. Ma Gray offre una sorpresa ai fan di Leonie Swann perché stavolta abbandona l’amato gregge, guidato dalla pecora Miss Marple, che l’ha resa famosa nei precedenti due romanzi, e sceglie come protagonista principe della nuova storia gialla Gray, un geniale pappagallo cinerino domestico. E dunque Gray (in ingglese grigio) regnerà senza rivali sulla trama e sulla vita privata e pubblica del suo custode temporaneo, Augustus Huff, professore di Antropologia a Cambridge. Sissignori epperò badate bene, il romanzo Gray non è una favola no! È un thriller, garantisco, ma anomalo. Vi chiederete perché. Ma secondo voi sarebbe mai possibile far apparire una tragedia un romanzo in cui imperversa uno sfrontato pappagallo parlante di 33 cm circa e appena quattrocento grammi di peso, che di volta in volta usa a suo piacere sia un linguaggio raffinatissimo sia manifestamente sboccato e scurrile e infine, se non bastasse, becca a tutto spiano chi non gli va a genio? Ora però fermi e passiamo a dire qualcosetta della trama. Il giovane professore Augustus Huff, che insegna Antropologia nell’Università di Cambridge, viene coinvolto quasi di forza in un drammatico caso. Elliot Fairbanks, uno dei suoi studenti, tra quelli bravi, è morto precipitando dalle guglie della cappella del King’s College. Bisogna tener presente che Elliot Fairbanks, primogenito e dunque erede del visconte Fairbanks, apparteneva a un’antica famiglia aristocratica che, oltre a contare tra le sue fila nel passato e nel presente personaggi di punta anche sulla scena politica, è anche economicamente molto abbiente. Tanto che il ragazzo poteva permettersi di arredare la sua stanza a Cambridge con mobili di grande pregio e tenere appeso alla parete un meraviglioso antico arazzo Gobelin. Elliot Fairbanks, alto, bello, ed esuberante non era certo un angelo né un santarellino. Intanto era sicuramente invidiato da molti e forse si era fatto dei nemici nell’ambiente studentesco che sicuramente non apprezzava troppo la sua stravaganza di passeggiare per i corridoi e i viali dell’università con un loquace pappagallo cinerino appollaiato sulla spalla. Pappagallo scomparso dopo il tragico incidente ma che verrà ritrovato terrorizzato e urlante nel letto a soppalco della stanza di Elliot, costringendo il Master a eleggere il professor Huff come suo custode temporaneo. Insomma, all’improvviso il nostro povero professore si ritrova tra capo e collo un pappagallo e un mistero da risolvere. Tanto per cominciare Augustus Huff sa bene che Elliot Fairbanks aveva fama di abilissimo scalatore (sport che praticava molto spesso di nascosto anche in collegio). E quindi pare strano che sia precipitato così, scivolando dal tetto della cappella. Molto strano, insomma lui non è affatto convinto che si sia trattato di un incidente. E, come Huff, Lady Fairbanks madre del ragazzo morto che vuole sapere la verità. Oh beh! Allora quali potrebbero essere le altre ipotesi: suicidio? Ma quali motivi poteva avere un bel ragazzo ricco di togliersi la vita? Nooo! Insomma non resta che pensare al peggio, omicidio? Eh già! Augustus Huff propende decisamente per questa possibilità. La vittima non era un santarellino… Può aver provocato qualcuno? Chissà? Non resta che mettersi in caccia, e comincia a indagare con l’incontrollabile, caotico ma talentuoso aiuto di Gray, il petulante pappagallo cinerino della vittima e della sua irresistibile e assordante colonna sonora ( Bad Romance). La loro collaborazione si rivelerà molto faticosa e movimentata, ciò nondimeno Gray non solo offrirà utili indizi all’indagine ma, grazie alla sua intelligenza e all’abilità nel riprodurre perfettamente ogni suono che sente, vedi aspirapolvere, bussare alla porte, campanelli ecc. ecc e ogni voce umana, gli darà una bella smossa tanto che ben presto però proprio tramite Gray, Huff comincerà a intravedere una possibile pista. Con Gray, sempre appollaiato sulla spalla, interrogherà uno dopo l’altro tutti i possibili testimoni, inciampando in una sfilza di assurde situazioni. La pista intrapresa è molto pericolosa, ma per sbrogliare il caso e ripristinare l’ordine nell’ateneo Huff dovrà darsi farsi forza e scalare coraggiosamente edera, mura e tetti, sfidando la morte metro dopo metro. Insomma un thriller spassoso di inconfondibile gusto inglese con misteriose morti, loschi segreti e un aiuto investigatore pennuto, amante delle canzoni di Lady Gaga. Un palcoscenico straordinario come Cambridge prestigiosa università, tempio del sapere, con le sue regole, le sue immutate, connaturate centenarie abitudini in cui si muovono tante figure care all’iconografia umana inglese. Per fortuna un po’ Downton Abbey docet e i lettori non sono più tanto digiuni delle regole e tradizioni della grandi famiglie, d’accordo che il secolo è cambiato ma siamo in Inghilterra, in una solida, rispettata e inossidabile monarchia, pertanto non si meraviglino se in questa storia i rapporti tra pari e “commoner” possano apparire ancora abbastanza “ingessati”.

Patrizia Debicke

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