Il club Dumas



arturo pérez-reverte
Il club Dumas
tropea
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Il fascino del male è indiscutibile; lo si teme ma attrae fortemente e a dispetto di ogni buon proposito.

A partire dal cinema che propone rappresentazioni di Lucifero fascinose e ammalianti (come dimenticare Al Pacino ne L’Avvocato del Diavolo in cui saluta lo spettatore con un sorriso da irresistibile canaglia?), fino alla letteratura, il Diavolo è la tipica cattiva compagnia che i genitori ci impongono di non frequentare ma che proprio ci attrae e trascina in un mondo magico e fantasticamente pericoloso.

Combattuto tra il desiderio di avvicinarsi al male e il timore di rimanervi invischiato per sempre, l’uomo ha saputo procurarsi, con la letteratura , un surrogato dell’avventura negli inferi che gli permette di fantasticare su un’eventuale discesa ma che gli consente di avere contemporaneamente una risalita dantesca certa.

Il libro di Arturo Perez- Reverte fa parte della categoria dei surrogati letterari, privo però dell’accezione negativa che il termine implicherebbe.
Pubblicato per la prima volta nel 1993, questo romanzo ha ispirato il film di Roman Polanski Le nove porte e viene citato parecchie volte nella simpatica autobiografia letteraria di John Baxter intitolata Per una libbra di carta.

Dal titolo poco evocativo, ma dalla trama astuta, Il Club Dumas sa coinvolgere il lettore con avventure e incontri intellettualmente interessanti senza mettere da parte i momenti d’azione necessari.

Il protagonista del libro, Lucas Corso è un bibliofilo e cacciatore di libri.
Incaricato dal suo amico LaPonte di verificare l’autenticità di uno dei capitoli dei Tre Moschettieri, si ritroverà coinvolto in situazioni incredibili in cui i personaggi dell’opera di Dumas prenderanno vita in versione moderna e tenteranno di ostacolarlo nella ricerca di un altro libro, pubblicato da Aristide Torchia nel 1600, dedicato al diavolo e detentore di un mistero che l’eroe della storia avrà il compito di decifrare.

La vicenda , nonostante l’imput soprannaturale, acquisisce col passare del tempo (di lettura) contorni realistici e accattivanti, con episodi che si incastrano in modo uniforme e credibile.
Merito, anche, della descrizione dei personaggi, non eroi nel vero senso del termine ,ma esseri umani con pregi e difetti che si rapportano col soprannaturale in modo impacciato ed incerto: primo fra tutti , il protagonista Lucas Corso , l’antieroe, sagace intellettualmente ma poco pronto nell’azione, che si fa spesso incastrare da coloro che vorrebbero il fallimento della sua missione; senza dimenticare l’amico fidato Flavio LaPonte, pusillanime ,ironico ma devoto, e i bibliofili, talmente presi dalla propria passione da diventare avidi e forse crudeli.

Gli espedienti per creare un bel thriller ci sono tutti e tutti vengono sfruttati nel mondo e al momento opportuno: lo scrittore impiega un linguaggio moderno e chiaro per una materia antica e oscura che permette al lettore di addentrarsi in un mondo ,quello della bibliofilia di alto livello ,per lo più sconosciuto ma ricco di spunti culturali.

Arturo Perez-Reverte, ex- reporter di guerra, fa della sua immensa cultura uno sfoggio privo di superbia, citando libri dimenticati ma preziosi , tecniche tipografiche ignote ai “profani” , descrizione di luoghi e situazioni che per una persona comune sono inimmaginabili o troppo lontane: ha avuto dunque la capacità di dimostrare che Francis Bacon non aveva tutti i torti dicendo che “la lettura fa l’uomo completo”.

Un testo del genere non solo ha la capacità di intrattenere e far esplorare mondi sconosciuti, ma anche di istruire e stimolare alla ricerca personale; in virtù di questo, un confronto con il nostrano Eco del Nome della Rosa è inevitabile seppur parzialmente calzante.

Il Club Dumas è dunque un thriller ben congegnato, coinvolgente , per lettori curiosi, che amano sfidare l’ignoto e non temono di accettare “mele dagli sconosciuti”.

angelica scardigno

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