Il fiume perduto



Michael Koryta
Il fiume perduto
giano
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Eric Shaw è un regista che ha solo sfiorato il cinema. Oggi si arrabatta girando filmini per matrimoni e funerali. Si è pure lasciato con la moglie Claire. Durante la visione di una delle sue opere, viene avvicinato da una donna che gli chiede di girare un cortometraggio sul vecchio padre del marito, ormai prossimo all’exit. Deve solo trasferirsi in un paesino da dove l’uomo partì per fare una fortuna miliardaria: French Lik, Indiana, un po’ fuori mano, ma l’ingaggio è di quelli inequivocabili. La donna gli lascia una strana bottiglia che resta sempre fredda gelida a qualunque temperatura sia esposta. Contiene la Pluto Water, molto in voga ai tempi della gioventù del padre. Eric parte e nel giro di qualche ora, complice anche l’acqua che ha in parte bevuto, si trova a dover combattere con allucinazioni sempre più forti e destabilizzanti, visioni di cose e persone da girone dantesco, e neanche la presenza dell’ex moglie (che non ha mai smesso di amare), arrivata per sincerarsi della situazione, lo tranquillizza. Perché più Eric va avanti a scavare sull’identità e il passato del vecchio, più si avvicina alla verità di quell’impossibile bottiglia e della sorgente che ne ha riempito il volume, più il pericolo si fa costante nella scelta di nuovi metodi e bersagli. Ma cosa contiene quella maledetta acqua? E poi: deve essere così ineludibile la ricerca della verità? Americano, ex investigatore privato, scrittore premiato, con Il Fiume Perduto Michael Koryta ci consegna una storia che parte come un sassolino giù dalla montagna e arriva come un’autentica frana. Scrittura all’osso ma sempre con la tastiera sull’acceleratore a tavoletta, un protagonista sempre più autistico, piccoli gesti che si trasformano in deliri, misteri che non chiedono altro che essere risolti. Bersaglio centrato, non c’è che dire. Classico mystery che non fa dormire la notte, lettura che si fa abulimica. Ma la storia non è solo intreccio. L’autore concentra tutte le sue forze su Eric Shaw. Lo fa girare come una trottola. Ma nel suo affondare c’è quel che basta perché venga a galla un’introspezione umana che impreziosisce il romanzo. Perché Eric ha un dono: sa riportare in vita ciò che è morto. Il suo occhio, con la mediazione della mente e del cuore fa miracoli. Il fatto è che uno servirebbe ora proprio a lui.

Corrado Ori Tanzi

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