Il mare nasconde le stelle è la storia vero di Ramon, un ragazzo normale che ha dovuto lasciare l’Egitto perché deriso, umiliato e discriminato solo perché invece di essere musulmano era un cristiano copto. Un cristiano copto, costretto a vivere costantemente con la paura di essere ucciso o di veder soffrire i propri cari.
Non ce l’ha fatta a reggere, non ha sopportato e, pur sapendo di dovere costringere la sua famiglia a pagare per lui, è fuggito. Perché la sua fuga era legata a un desiderio di conoscenza e di libertà , morale e sociale, obbligata dalla necessità di poter parlare vivere e studiare come un qualunque quattordicenne che sogna e aspira a un futuro migliore. Quel valore che nel suo Egitto, allora barbaramente dominato dai Fratelli Musulmani e dal loro fanatico credo, non esisteva più. Lui, Remon, che ha un rapporto così sincero e orgoglioso con la sua fede, per sopravvivere avrebbe dovuto metterla a tacere, magari abiurare e privarsene.
E in più Remon ama studiare e vuole diventare un ingegnere. Ma altrettanto sapeva bene che a casa in Egitto non c’era spazio per i suoi sogni. Perciò senza neppure dire addio ai genitori, che ama spassionatamente, confidandosi solo con il fratello minore ha intrapreso il viaggio più difficile della sua vita, sperando di trovare altrove la possibilità di un futuro migliore ha intrapreso coraggiosamente, senza sapere cosa l’aspettava, il suo lungo e pericoloso viaggio della speranza. Un viaggio che gli è sembrato quasi senza tempo, dominato dalla paura, avvolto dall’egoistico silenzio, forse una forma di pudica difesa in atto tra tante persone sconosciute, diverse e incapaci di parlare tra loro, di spiegarsi, sfogarsi. Uomini, donne, bambini e addirittura neonati, costretti a patire fame e sete, sottoposti alle peggiore angherie da parte dei commercianti di merce umana, quegli scafisti che vedono in loro solo guadagni sicuri. Non sono più persone, sono solo tot numeri, tot denaro.
Le sue parole riferiscono con semplicità una lunga odissea affrontata e superata con determinazione: «Non riuscivo a capire come fosse possibile stare vicini per tanti giorni e non parlarsi mai, non scambiare mai uno sguardo. Forse perché la tristezza e la paura non hanno voce.. »
Remon ce la faceva a resistere quando alzando gli occhi vedeva nel cielo nero le migliaia  di stelle che, brillando, gli permettevano di coltivare i suoi sogni.
E sono stati i suoi sogni che gli hanno concesso di reggere, di lottare, di continuare fino in fondo, fino all’arrivo, con un coraggio e una forza di volontà da fare invidia a molti uomini.
Per poi riuscire a trovare negli occhi di chi si è preso cura di lui quell’umanità che credeva perduta, che ha saputo riaccendere la speranza nel suo cuore.
Ha riferito con serena dignità della sua risalita verso la luce: « Quando cominci a essere non solo un numero, ma anche una storia che si ascolta e si cerca di comprendere. Quando ti guardano negli occhi senza disprezzo!»
Non è facile spiegare e accettare certi dubbi e incertezze legate alla comprensione del dolore, della sofferenza e della morte, orrende presenze quotidiane nella vita di tanti bambini, donne e uomini.
Dovremmo guardarli con umanità , riuscire a metterci nei loro panni, senza pregiudizi, senza etichettarli, senza apporre loro un indelebile marchio che aggiunge alla loro pena solo altra tacita sofferenza.
Remon è un grande simbolo di coraggio. Remon ha avuto il coraggio di lasciarsi alle spalle la sua piccola sicurezza per la speranza di qualcosa di molto più grande ma anche di sconosciuto; ha voluto crederci, anche in nome della sua fede che ha sempre proclamato ad alta voce, senza vergogna.
Per fortuna qualche volta nella vita ci sono dei piccoli miracoli: quello di Remon si è chiamato affido alle persone giuste che lo amano, riamate da lui.
E proprio lui ha dichiarato: « Perché ci sono tante forme di amore e tanti tipi di famiglia. Da quel momento ho pensato che oltre a tanto spazio nel cuore, potessero esistere anche due famiglie». E l’affido è forse la forma più pura dell’amore, quello con cui due genitori sanno donare amore naturalmente, senza condizioni, senza aspettarsi nulla in cambio e con in più la consapevolezza – e forse il timore – che tutto possa finire.
Tra le righe finali del libro di Francesca Barra, praticamente il diario del ragazzo, si comprende il profondo senso di gratitudine di Remon per questa splendida seconda famiglia che lo ha accolto come un figlio, senza dubbi o pregiudizi, ma regalandogli una nuova casa e i sentimenti che ha dovuto abbandonare la notte della sua fuga, lasciandoli laggiù per sempre.