Il pianto dell’alba – Ultima ombra per il commissario Ricciardi



Maurizio de Giovanni
Il pianto dell’alba
Einaudi
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Inizia con un colpo di vento Il pianto dell’alba. È una città attraversata dal libeccio quella che accoglie l’ultimo capitolo della saga di Ricciardi.
Una fine che però, paradossalmente, è piena di prime volte.
La prima volta che Ricciardi è felice: è sposato, è cordiale, sorride e sta imparando a essere un uomo diverso, più positivo. Sembra sia riuscito a raggiungere quella normalità tanto agognata. Vivere l’amore ha dato un significato anche al “fatto”, alle parole che sentiva pronunciare dai morti. Tutto il dolore che gli si riversava addosso ora ha un senso nuovo.
E sta per diventare padre.
Per la prima volta sulla scena di un crimine un morto non gli dice qualcosa.
Per la prima volta Nelide parla non solo  per proverbi, e sorride.
Per la prima volta tornano alcuni personaggi di altri libri, quasi a chiudere idealmente il cerchio ristabilendo l’unità di tutta la  narrazione.
Per la prima volta il crimine commesso ha ragioni diverse e occupa molto più spazio che nei romanzi precedenti.
Per la prima volta Luigi Alfredo Ricciardi barone di Malomonte ha paura. Paura di perdere la felicità conquistata, paura del distacco, paura che un destino beffardo distrugga tutto. Che un’ombra possa coprire la nuova luce.
Intanto un vento cattivo inizia a soffiare portando nuvole scure: i tempi stanno cambiando, e anche molto in fretta. il regime si insinua sempre più malefico e velenoso, portando timore e sospetto.
La Napoli chiassosa e impicciona, dove le notizie rimbalzavano di finestra in finestra, è diventata una città silenziosa e paurosa. Le spie sono ovunque, la delazione dilaga ma non riesce comunque a fermare qualche sussurro che giunge lo stesso a Ricciardi, Modo e Maione, impegnati in una rischiosa indagine non ufficiale.
Il pianto dell’alba è diverso dai precedenti, sebbene tutti i personaggi che abbiamo conosciuto e amato tornino, l’indagine si prende quasi tutto lo spazio, quasi che de Giovanni abbia voluto rimandare proprio fino alla fine il momento del doloroso distacco dai personaggi che tanto hanno dato.
Chi mi mancherà? Non Ricciardi, Enrica, Modo o Livia, no. Sentirò forte la mancanza di Maione e  Bambinella.
Il primo per le sue manate che sapevano virare dalla violenta badilata all’affettuosa. ruvida e pesante carezza, per la sua agile pesantezza, per quel suo profondo senso di giustizia, semplice e onesto e spesso anche fisico. La seconda per la sua leggerezza e la sua vivacità,  per essere il simbolo di una città che da sempre ha fatto dell’ accettazione e dell’uguaglianza una delle sue bandiere. I loro duetti sono i brani che ho sempre amato di più.
Non sappiamo se Il pianto dell’alba sia un addio o un arrivederci. Ogni fine è preludio a un nuovo inizio, dopo ogni notte c’è una nuova alba.
Come dice nel libro” Il vento scompigliò tutte le carte” e questo non è sempre un male.
E ora che carte avrà in mano Maurizio de Giovanni?

Cristina Aicardi

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