Federica, Valeria, Luigi, Marco, Nick, Claudio, José Maria, Ibrahim, Valentina, Elena, Paolo, Roberto, Forni, il generale. Qualcuno può essere scivolato dall’appello. I personaggi di Procedura d’urgenza di Alberto Piccinini, professione avvocato con stanza a Bologna.
Altrettante storie in duecento pagine per una coralità monstre disegnata dall’autore. Non solo. Un numero così poderoso di citazioni letterarie o musicali che per fare Bingo mancano solo una di Mino Reitano e una tratta dalla biografia di Daniela Garnero di Cuneo maritata Santanché. L’ego dell’autore si pasce nello scrivere e nel rileggersi, quello del lettore mette a dura prova il grado di tolleranza che gli è naturale.
E poi via con una serie di intrecci sentimentali o amorosi da far diventare Nek i Sex Pistols. Uomini che tradiscono le proprie compagne, donne che nella lontananza del proprio compagno piangono sul cuscino la notte perché non c’è nessuno che le prenda (sic!). Ma si sa che la lontananza è come il vento (ah ecco, manca anche Modugno) e il vento non ferma le risposte (si dice che Dylan abbia diffidato il coinvolgimento).
Manca qualcosa? Ne mancherebbero di cose in un libro così abulimico. Una in particolare: il noir. Niente che possa entrare nel mondo del thriller. E non basta una piccolo fatto che man mano aumenta di proporzioni creando un qualche trambusto in un ufficio legale in altre faccende affacendato. Soprattutto se la storia nera occupa una virgola in tutto il miele e l’amaro posticcio con cui è legata la stragrande maggioranza delle pagine del romanzo.
A parere di chi scrive manca anche la letteratura. Nuda e cruda. E un po’ di onestà. In fin dei conti Moccia non si vergogna di essere Moccia, né Volo ha coscienza di essere Tolstoj. Piccinini qui invece vorrebbe farci prudere invitandoci a guardare dal buco della serratura o negli scomparti nascosti del cuore dei suoi infiniti protagonisti. E con qualche frase celebre qua e qualche canzone doc là mostrare un profilo alto. Ma al massimo riesce solo a farci grattare.