Il ragazzo che leggeva Maigret



francesco recami
Il ragazzo che leggeva Maigret
sellerio
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Lo chiamano Maigret perché a 13 anni non fa altro che leggere le avventure del celebre commissario di Georges Simenon. Lui in realtà si chiama Giulio (e non poteva essere altrimenti). E un giorno, lungo il tragitto per andare a scuola, s’accorge che nella Chiusa uno sconosciuto si sta liberando di qualcosa. Forse di qualcuno. Quell’uomo inoltre sale sullo stesso pullman che sta portando Giulio a scuola e, sopra un vestito elegante, gli cade un impermeabile troppo lacero e sporco perché il ragazzino si dimentichi del sospetto e trascorra una nuova ordinaria giornata scolastica come se niente fosse successo.

Il giallo è confezionato. E per tutto il corso della quanto mai informale indagine Giulio verrà guidato da una e una sola domanda: che cosa farebbe ora Maigret al posto mio? Seguendo le orme dell’intuito e lasciando fare all’incoscienza dei suoi pochi anni quel che eventualmente non potrà la mancanza di coraggio, il ragazzino avrà almeno la fortuna di respirare la stessa atmosfera diventata aria di casa per il grande commissario parigino.

Volete sapere cos’è un atto di amore in letteratura? Lo si può declinare con mille e mille nomi. Uno di questi è Il ragazzo che leggeva Maigret. E il dichiarante è Francesco Recami. Dai capitoli spesso desunti da un titolo delle storie del capo del (fu) Quai des Orfévres, all’ambientazione che sa di provincia pura, passando sopra a descrizioni e dialoghi che recuperano la tipica aria simenoniana (ma si respira anche Andrea Vitali), il romanzo di Recami è un delizioso divertissement che all’intreccio, che vede per involontario protagonista il piccolo investigatore, aggiunge la solitudine di quel piccolo mondo antico dove accade tutto ciò che capita in un qualsiasi altro dove. Solo più lentamente. E più in profondità. Come il male, ad esempio. Proprio come in un romanzo di Georges Simenon.

corrado ori tanzi

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