Il suicidio perfetto



Franco Matteucci
Il suicidio perfetto
Newton Compton
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Solo un lupo avrebbe potuto resistere, perduto e senza cibo, sulle montagne del monte Sassone sferzate da un bufera di neve. E un bambino. Che si nascose, per ripararsi dalla tempesta, dentro a una specie di igloo. Con il ghiaccio che si perdeva dentro ai suoi piccoli occhi azzurri. Da allora, Marzio Santoni è chiamato Lupo Bianco. Di professione detective, per dirla all’americana. Anzi, bio-detective. Poco laboratorio, tanta strada e ancor più, la capacità di basare le sue indagini sugli odori degli indiziati, degli assassini e della natura. In senso lato e in senso umano. In città ha resistito solo il tempo per avere concesso il trasferimento. L’assenza di profumi e le fette di cielo striminzite, da dover mendicare attraverso le finestre, gli stavano facendo perdere la bussola. Meglio tornare tra la sua gente, per ritrovare il ritmo dettato dalle stagioni e chiudere le giornate al sapore di Ginpin, il liquore del posto, subito dopo aver gestito le piccole beghe di provincia. Tutto perfetto, fino a quando quattro donne piombano in paese, in vacanza. Quattro mogli che vogliono allontanare le ansie delle loro vite di coppia. E concedersi, ognuna, un amante. Uno di questi è proprio lui. Elisabetta è l’unica che sia mai riuscita a scaldargli il cuore. Stanno assieme anche l’ultima sera, prima della partenza. Addirittura sfiorano l’argomento matrimonio. Lupo Bianco non si riconosce più. Dopo averlo salutato si incontra con le amiche. Le trova ubriache, si aggrega alla festa. Che abbiano trovato la pace in quei luoghi dove il pericolo maggiore è l’ammalarsi di “mal di neve”? In città non torneranno, ma non per scelta. Una fuga di gas le ucciderà tutte. La comunità reagisce, si stringe su sé stessa. Vorrebbe che il caso venisse archiviato come una tragica fatalità. La stagione va salvata e ognuno ha qualcosa da rimetterci. Lui no, ha già perso tutto. Deve sapere. Elisabetta aveva troppa voglia di vivere. Con lui. Franco Matteucci si prefigge l’obiettivo di rappresentare le abitudini e i segreti di un gruppo di persone che, in apparenza, sono puri come la luce che nasce tra le valli. Centrato. Con ritmo rapido narra di persone semplici, quasi banali, che modulano la loro giornata al suono delle stagioni e coltivano usanze consumate, ormai, come i bicchieri dell’unico bar del circondario. Il lettore si sente coinvolto da questo collage di originalità ancor più che dalla detection. La scoperta dei più celati lati oscuri dei compaesani porterà l’ispettore Santoni a riflettere su come, anche all’interno di una comunità ristretta e compatta, si possano celare più misteri di quanto una vita ordinaria potrebbe mai fare pensare. Uno fra i tanti riguarda anche lui, la sua famiglia e le sue origini. Starà a Lupo Bianco decidere se il suo passato meriti di riposare in pace o essere ridisegnato. Con tutti i rischi del caso. Chi dimora abitualmente in un contesto simile potrà divertirsi a confrontare quanto i vizi della propria realtà siano paragonabili a quelli contenuti nella finzione narrativa.

Francesco Ravioli

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