Il testamento del greco



Bruno Morchio
Il testamento del greco
Rizzoli
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Stavolta attacco la mia recensione con la prima pagine del libro: «Sarà un’altra tersa giornata di febbraio. Verso oriente, un chiarore sfumato di rosa si infiltra nel blu cobalto del cielo, delineando il profilo scuro dell’Appennino. Fra una manciata di minuti sorgerà il sole e la carabina M40 è già pronta a sparare, appoggiata al bipiede piantato nel ghiaccio. Con le mani arrossate dal freddo, sotto lo sguardo attento del padre, ha assemblato a uno a uno tutti i pezzi – calcio in tecnopolimero, scatola di culatta, canna, caricatore, cannocchiale regolabile – impiegando quaranta secondi esatti. Un tempo da soldato provetto, anche se ha solo diciassette anni e ancora una volta si è chiesto: “Perché?”.»

Eh già e perché Alessandro Kostas dal ’92, da quando sua madre è morta in un incidente di macchina in Liguria, abita in un bel casale ma isolato dal resto del mondo sull’Amiata, con suo padre, soprannominato il Greco, che gli insegna a muoversi come un lupo solitario e vuole fare di lui quasi un fenomeno da baraccone, una specie di superman, un perfetto soldato, anzi di più, una perfetta macchina da guerra plurilingue. Ma suo figlio per fortuna era troppo intelligente per ritenersi tale e «considerava invece la propria diversità una forma acquisita di disadattamento psichico».
Questo perché il Greco aveva un’ossessione: proteggerlo da tutto e tutti dopo l’assassinio della moglie. Perché di assassinio si era trattato e non di incidente. Ma nel 2013 Kostas muore e un anno dopo suo figlio Alessandro, un gigante trentaseienne, quasi pigramente imprigionato in un’esistenza solitaria, viene convocato da un notaio per assistere all’apertura del testamento paterno e scopre un uomo che si è lasciato alle spalle tanti punti interrogativi e una lunga serie di segreti. Il Greco infatti per più di vent’anni aveva lavorato in Servizi di intelligence italiani e facendo i conti con alcuni tra gli affari più sporchi della Repubblica.
Leggere le sue ultime volontà costringe Alessandro a togliersi una benda dagli occhi.  Lo pone davanti a una dura realtà e alla la scelta obbligata di tornare nella sua città natale, riappropriandosi della bella e dolce malinconia di un insieme di ricordi genovesi, ma lo costringerà anche fare i conti con tanti dolorosi misteri e a confrontarsi con i superstiti del nucleo Gamma, il gruppo operativo del Greco.
Dovrà inoltre rendersi conto che quel duro lascito morale è anche una prova e capire finalmente che tutta la sua vita è stata programmata per far di lui un cacciatore di uomini o meglio di belve umane. E ora, quella caccia deve cominciare.
E quindi addio foreste di lecci, castagni, saporite ricette locali a base di chianina, bisogna scendere a valle. Dalla Val D’Orcia passare in Val di Chiana raggiungere Sinalunga, Torrita e a Bettolle imboccare l’autostrada accompagnato dal pianto melodioso o dal vibrare acuto della tromba di Miles Davis.
In quello che pare sarà il primo degli episodi di un’avventurosa serie targata Morchio, il suo nuovo “eroe”, Alessandro Kostas deve trovare la sua verità, scavando nei luridi traffici della mafia internazionale collegati alla parte più segreta della storia italiana.
Non gli basteranno le giustificazioni del vecchio amico/nemico del padre il maggiore Ludovisi: «È cambiato tutto, Kostas. Oggi è l’alta finanza ad avere il controllo dei popoli, e le bombe le mettono gli altri.»
Ciò nondimeno la poesia di Bruno Morchio riesce regalare al suo protagonista passi mirabili quali: «Spalancò le imposte della cucina e vide una riga di allodole allineate sul filo della luce elettrica che cinguettavano come impazzite. Nel cielo, appena striato da nastri di nuvole chiare, il cerchio sbiadito della luna resisteva all’assalto della luce del sole. Effimera testimonianza dell’esistenza della notte − dei suoi piaceri e delle sue paure − sembrava quasi sospeso sulle cime dei pini con la leggerezza di un palloncino, o di un vago ricordo.
Ma anche speranza di vita e di futuro.
Buona musica, cibo da re, vini selezionati. Mi è piaciuto e mi ha intrigato. Buona lettura a tutti!

Patrizia Debicke

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