Il guardiano



Massimo Lugli
Il guardiano
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Chi di voi non ha visto al cinema o a casa, in televisione, cassetta o Cd: L’ultimo samurai? Con l’indimenticabile scontro tra un samurai giapponese e l’americanissimo Tom Cruise che sta imparando a battersi? Beh là i samurai erano buoni, bravi, onesti e non ingannavano mai… E invece Massimo Lugli, da sempre innamorato cultore di arti marziali, nel suo Il guardiano ospita degli stretti seguaci di regole giapponesi di combattimento, ma deviati. Sono solo cattivi, molto cattivi, non rispettano nessuna regola e diventeranno un guaio per il giornalista Marco Corvino, che frequenta le stesse palestre del suo autore, nella sua terza indagine (dopo Il Carezzevole e L’Adepto). Lugli sa scrivere e il suo protagonista, con i suoi incasinamenti sentimentali, domestici e extra, i suoi hobby combattivi e la sua voglia di litigare con i colleghi, mi è simpatico, ma stavolta ho dovuto impegnarmi a fondo per tenergli dietro e raccapezzarmi in uno scenario narcisistico di una scuola da combattimento medievale giapponese che poi in realtà è una setta. Francamente l’argomento era un po’ ostico per me, ma gli riconosco il merito di sapersi spiegare in modo comprensibile anche per i non addetti ai lavori. Comunque quattro parole e non più per la trama, se no non lo leggete. Il ritrovamento di una serie di cadaveri massacrati tiene sulla corda la polizia che non sa dove andare a parare. Mutilazioni e atroci smembramenti che rendono i corpi irriconoscibili. Perché ? E qual’ è il movente? Si pensa a un serial killer e si fa strada la pista di un camionista francese, chiamato il Macellaio. Ma Marco Corvino, che è incaricato di seguire il caso per il suo giornale, e scopre che nel corso di un’autopsia è stato trovato, nel cadavere di una delle vittime, un frammento di acciaio vecchio di cinque secoli, inizia a nutrire dei seri dubbi sulla colpevolezza del francese. In un crescendo di difficoltà, si tuffa in una pericolosa inchiesta personale che lo porterà a scontrarsi con la leggenda della “Scuola dei Senza Nome”.

patrizia debicke

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