Karolus – Franco Forte



Franco Forte
Karolus
Mondadori
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Vasta, possente, tangibile ed equilibrata ricostruzione della vita di Carlomagno secondo la storia e anche, uno straordinario  viaggio sulla macchina del tempo che ci costringe a superare di un balzo oltre un millennio di storia.
Tutto quanto è ufficiale proviene dalla biografia (la Vita Karoli) scritta dal cronista Franco Eginardo, storico di corte che, per redigere il suo diario, gli fu a fianco per molti anni dal 796 fino alla morte.  Con Eginardo si è testimoni della stesura dei Capitolari, generati con l’appoggio della scienza dai sapienti radunati da Carlo  nella Schola Palatina del palazzo di Aquisgrana.  Si scoprono tanti  aspetti sociali e culturali della mentalità medievale.
Pare che Carlo Magno fosse  molto prestante da giovane, ma i ritratti che abbiamo di lui, sia reali che di fantasia, ce lo mostrano uomo fatto e probabilmente già ultraquarantenne.
La storiografia narra che fu grande, robusto di corporatura, decisamente  alto per l’epoca (m.1,92 ) proporzionato e bello, con grandi occhi  vivaci ed espressione allegra . Molto presto però la sua bella chioma cominciò a farsi grigia.
Poche righe basteranno appena per darci un’idea di quella che fu la sua vita e a offrire un occhiata sulle 732 pagine scritte da Carlo Forte su Carlo Magno.
Un romanzo che spiega le basi e come fu sognata, voluta e infine costruita  l’Europa di allora…
Tutto era cominciato il 2 aprile del 742 con la nascita di un bambino, il primogenito del re dei Franchi Pipino III, detto il Breve, soprannome però comparso piuttosto tardi nella storiografia (menzionato da Notker le Bègue monaco dell’abbazia benedettina di Saint Gall alla fine del IX secolo e confermato  da tutti gli autori dal XI secolo) probabilmente dovuto alla sua  statura sotto la media e di Bertrada figlia di Cariberto conte di Laon, detta anche  “Berta del gran piè” donna alta di statura, molto più del marito (come si desume facilmente anche dalla loro tomba a Saint Denis).
Il neonato era un robusto maschietto e fu battezzato Carlo.
Di lui la storia ufficiale dice che, secondo la consuetudine in vigore  presso i Franchi, alla morte del padre  Pipino III (768), il regno venne diviso in parti più o meno uguali tra i  due figli maschi. A Carlo Magno toccò la parte occidentale, mentre a suo fratello minore, Carlomanno, la parte interna più protetta. Carlomanno sapeva amministrare le sue terre, ma mancava di talento militare. Nel 769 chiese aiuto a  Carlo Magno per sedare una rivolta in Aquitania (provincia che amministravano insieme) scaricando sulle spalle del fratello i maggiori oneri dell’impresa. Tra contrasti e incomprensioni, insorse tra fratelli  un’aspra rivalità, che Bertrada, la loro madre, riuscì a controllare fino al 771, quando  Carlomanno morì dopo poco più di due anni di regno.  Di malattia si disse ma presumibilmente avvelenato.
Alla morte di Carlomanno i suoi fedeli, capeggiati da sua moglie Ermintrude,  si rifugiarono presso Desiderio, re dei Longobardi. Che pare fosse suo suocero, come lo fu  brevemente per  Carlo Magno. I due fratelli, pare, avrebbero sposato entrambi per motivi di convenienza politica le figlie di Desiderio.  Il fatto che il re dei Longobardi occupasse alcuni territori rivendicati da papa Adriano III convinse  Carlo Magno a schierarsi al suo fianco  contro i Longobardi.
Come suo padre e suo nonno, Carlo Magno stabilizzò i domini dei Franchi e li accrebbe considerevolmente con le armi. Nel 773 infine, dopo aver varcato  le Alpi e conquistato Pavia, sconfisse Desiderio  occupando  tutta l’Italia settentrionale (774) e assumendo il titolo di Re dei Franchi e dei Longobardi. Tornò poi in Italia nel 776 per arginare alcune rivolte longobarde in Friuli, a Chiusi, Spoleto, e nell’Italia meridionale, e ancora nel 780, quando il pontefice consacrò come re d’Italia  il suo secondogenito Carlomanno dal quel momento chiamato Pipino.
Carlo Magno si schierò anche contro i musulmani di Spagna, ma con scarsi successi e conseguente ritiro (celebre infatti  l’agguato dei baschi  a  Roncisvalle nel 778 che sbriciolò le retrovie franche ), pur riuscendo a favorire, con capitale a Barcellona, la creazione di un avamposto cristiano (la Marca hispanica).  Dopo anni di lotte e di feroci campagne, era finalmente riuscito nel 777 a sottomettere i Sassoni. E il dominio franco verso est venne in seguito consolidato con la sconfitta dei Bavari (787) e degli Avari (791-796).
Dopo queste spedizioni  militari condotte  anche con l’appoggio e il consenso dell’èlite militare franca,  segnate  da grandi vittorie Carlo Magno si ritrovò a dominare un territorio considerevole, che comprendeva le regioni tra l’Oceano Atlantico e l’Elba, l’Ebro, il Danubio ed il Tibisco, compresa Roma, centro della cristianità occidentale. 
Nel 799, Carlo Magno, che era già intervenuto per rimettere sul soglio pontificio il pontefice Leone III scacciato da una congiura di nobili, alla fine dell’800 poi ,  si recò a Roma per derimere di persona  il caso. Ma in teoria, per poterlo fare ufficialmente era necessaria l’autorità imperiale. Da più di tre secoli, con l’abdicazione di Romolo Augustolo voluta da Odoacre al titolo di Imperatore, Roma aveva cessato di esistere come capitale. Nessuno ormai immaginava che ci potesse essere un nuovo imperatore. Un nuovo Cesare. Ma il giorno di Natale dell’anno 800, Carlo Magno, primogenito della stirpe dei Carolingi, venne proclamato imperatore a Roma e ricevette  la corona con il  suo nome annunciato  in latino  Karolus Magnus, imperator.
Come era arrivato fin là? Per la sua gloria e i suoi meriti? E se invece il cammino che conduceva al trono, fosse stato duro, pericoloso, non solo fatto di coraggio, battaglie e successi, ma anche di congiure, ostacoli e sangue? Se i successi di tante vittorie avessero celato intrighi e drammatici segreti? Cosa pensava il grande condottiero, mentre  si preparava a diventare il reggente unico del Sacro Romano Impero? Cosa agitava il suo animo? Tormenti? Oppure nonostante l’importanza e la solennità del momento, solo sogni, desideri? 
Fino ad allora rappresentare la continuità con l’antico Impero Romano, era rimasto prerogativa dei sovrani di Costantinopoli, diretti eredi degli imperatori romani d’Oriente, schiavi del contagioso  lusso di Bisanzio, sempre pronti a tramare  falsità. Ciò nondimeno, al giovanissimo Imperatore di Bisanzio Costantino VI era succeduta , dopo averlo fatto destituire e accecare, sua madre Irene, mai riconosciuta da Roma. Leone III infatti si era appellato  a Carlo Magno anche per affrancarsi dalla sempre più lontana autorità bizantina, onde evitare di sottomettersi al giudizio  di una donna. L’incoronazione a imperatore di Carlo Magno ormai cinquantottenne il giorno di Natale dell’800, tagliava la testa al toro con il doppio scopo di rendere ufficiale l’appoggio al pontefice.
Però poneva anche Carlomagno in una complicata situazione diplomatica nei confronti di Costantinopoli.  Nelle pieghe delle trattative, ci furono persino iniziative che suggerivano un matrimonio tra Carlo Magno ed Irene per riunire l’impero sotto un unico sovrano. Trattative che naufragarono con la deposizione di Irene nel 802 e l’ascesa al trono di Bisanzio di Niceforo.  Bisanzio evitò di riconoscere  il titolo di imperatore al sovrano franco con per conseguenza  una lungo  conflitto tra Franchi e Bizantini, combattuto principalmente nell’Adriatico. 
Ciò nondimeno un imperatore tornava di diritto a regnare sull’Occidente. 
Attingendo a una sterminata storiografia e  avvalendosi di una perfetta  ricostruzione ambientale del passato, Franco Forte ricostruisce in forma di romanzo le leggendarie gesta del celebre sovrano, che talvolta rischierebbero di farcelo  paragonare a un semidio, dalla primissima infanzia agli ultimi istanti di vita, immergendoci nel racconto di un’avventura irripetibile, segnata da sfide, successi e amori, ma anche da dubbi, rimpianti e tragiche perdite.
Con uno scenario autentico infatti, ma  accuratamente ricostruito come un puzzle, Franco Forte ci regala la sua intrigante, drammatica ma verosimile interpretazione personale del carattere e dei pensieri del suo protagonista. La sua storia di un Carlomagno guerriero, forse più colto e smaliziato  di quanto fosse realmente ma  che sa ascoltare la saggezza dei consigli e  contemporaneamente appare  spesso  influenzato dal giudizio femminile.  Riconosciamo infatti il peso subito ma tollerato  del polso di ferro materno, mentre contano i benefici effetti dall’influenza della sorella e delle numerosa azioni di buon senso suggerite da mogli, concubine e figlie. Il disinteressato affetto di Imiltrude, quello predestinato di Ermengarda, la prepotenza dura e arrivista di Fastrada, la determinata e astuta intelligenza materna di Bertrada, la naturale complicità  di Gisela, sua sorella. Un uomo come lui di sani e robusti appetiti sessuali, cercava sempre nuove avventure. Preferiva  le giovanissime, che gli si offrivano disinteressatamente e che sapeva incantare e amare nonostante, in più tarda età, le insidie della podagra.  L’unica moglie sposata poi per compiacere la madre, Fastrada, meno giovane e presuntuosa, complotterà contro di lui pericolosamente.
Un rapporto privilegiato con le figlie? Parrebbe, vista la delicatezza dei loro pur rari rapporti e l’apertura mentale sempre dimostrata nei loro confronti.
Sia in piedi o seduto, riusciva a emanare  dignità, autorità e regalità. Sapremo, leggendo, che usava camicie di lino con sopra una tunica con l’orlo di seta; portava fasce ben strette attorno alle gambe e stivali ai piedi  e d’inverno, si copriva il petto e le spalle dal freddo con una corta pelliccia di lontra o di martora . Un modo di vestire, a parte la cintura d’oro e argento, che lo differenziava ben poco  da quello comune della  sua gente. Cio nondimeno, al fianco portava sempre la spada con l’elsa ornata di pietre preziose. Nelle feste d’abitudine indossava una veste di stoffa d’oro, calzature ornate di gemme, una saio con fibbia d’oro e sul capo un diadema d’oro.
Un Carlo Magno indiscusso sovrano ma un uomo solo al comando. Il lettore divenuto testimone  lo fiancheggerà  in battaglia, varcherà i passi  d’Europa per incontrare, e combattere altri popoli  ma cavalcherà anche, caccerà con lui in foreste e fiumi, per aggirarsi  in rustiche dimore e poi  castelli e regali dimore che si dovranno edificare per l’impero.
Riconoscerà in Carlo Magno, Karolus, un uomo solo, sanguigno, che privilegia sempre  il confronto diretto, non ama la vigliaccheria, rifiuta  la menzogna e il tradimento. Un uomo che sopporta a fatica i compromessi, con un carattere talvolta inquieto,  tempestoso. Un uomo che a conti fatti forse ripone poca fiducia  anche nei figli e considererà sempre  l’unico vero saldo, leale  puntello o specchio integrante del proprio io, il taurino e fedele Irmin?
Considererà vitale il grande ruolo del sapere, fulcro trainante per una una nuova era ma, da accentratore nato, non riuscirà a condividere la sua capacità  di visione universale e  di  coesione dell’impero. Impero che infatti si disgregherà  dopo di lui. Solo in parte la Francia, unica eredità carlingia,  saprà restare unita.
Ben inquadrarti nella trama i tre papi: Stefano II che confermerà Karolus re dei Franchi, Adriano I che lo eleverà  a pilastro  della Chiesa, con annessa sconfitta dei longobardi,  e Leone III, che  proclamerà   Carlo Magno imperatore. E ben delineati i loro rapporti: solo di convenienza? Forse talvolta persino una qualche forma di amicizia.
Dopo la  morte di Carlo Magno nel 814 , a ben settantadue anni, stanco e gravemente ammalato,  con due dei figli maggiori tra i tre scelti come suoi successori che  lo avevano già  preceduto nella tomba, in due generazioni l’Impero e la stessa Europa finiranno con il dividersi di nuovo.
Tuttavia, l’eredità più importante lasciata ai posteri da Carlo Magno non fu materiale, ma ideale: l’Impero carolingio presupponeva un’Europa sovranazionale, concezione che rappresenterà  la più importante conquista mentale per tutte le epoche.   

Patrizia Debicke

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