La Donna della Palude
Le Indagini dell’Ispettore Tian
Uno di quei thriller a “scatole cinesi”, è proprio il caso di dirlo. Il primo di una fortunata serie di gialli polizieschi davvero avvincenti, dove il lettore viene tenuto avvinghiato alla trama, serrata e molto complessa, che assieme con l’ambientazione è uno dei punti di forza dell’autore.
Martin Long, infatti, scrittore appassionato di cultura cinese, ti teletrasporta in Cina , a Nanchino, a Shanghai e nella regione a nord ovest dello Xinjiang e ti fa entrare in quel clima di dittatura, di controlli e di rimaneggiamenti della storia, di cui si servono i regimi per propaganda governativa. Non mancano in tutto il romanzo citazioni sugli usi e costumi cinesi, sulla cucina, sulle bacchette e sui piatti tipici, sull’abitudine di giocare a carte, sulle biciclette, su fiumi come lo Yangtze, che attraversa Shanghai, sul clima rovente, caldo umido di alcune regioni. Per questo lo stato d’animo in cui si precipita, leggendo il libro, è così soffocante. Spionaggi, pedinamenti, spintonamenti nel lago e colpi di scena sono l’humus di queste pagine, tutto a voler nascondere una gigantesca truffa storiografica.
Tian Haifeng, ispettore capo della Divisione Investigativa Criminale di Nanchino, si trova a venire accidentalmente a conoscenza del ritrovamento del cadavere di una donna in una torbiera da parte di un contadino. I lineamenti del volto di questo cadavere, capelli biondi, zigomi alti, lungo naso sottile, labbra lunghe e sottili e mento sporgente, lasciavano deporre che fosse di razza caucasica. Il cadavere era mummificato e la pelle come cuoio adesa alle ossa, grazie all’opera del deserto, aria asciutta e suolo alcalino, che hanno mantenuto intatta questa e altre mummie del Tarim. Il caso viene volutamente chiuso in modo frettoloso. L’Ispettore Tian decide di raggiungere la regione dello Xinjing e di indagare autonomamente. Sul personaggio di questo ispettore vengono delineati alcuni siparietti assolutamente da gustare, vive con la sorella e il figlio quindicenne e si mostra stupito dalla crescente occidentalizzazione della Cina, quando ad esempio la sorella, sapendo che va a Shanghai, chiede una maglietta rosa allo SCAT, che lui non sa neanche come si pronuncia e il figlio gli chiede uno smartphone che costa poco, o quando sale sul treno moderno, sul quale non si può più fare conversazione. Arrivato a destinazione entra in contatto con un’altra figura chiave di questo romanzo, Lao Ting, un brillante e perspicace archeologo, dalla passione instancabile e dal fiuto infallibile, e Mei Jing una ragazza che viveva a casa dell’anziano archeologo e che avrebbe potuto condurlo a trovare il braccialetto verde, unico oggetto che del cadavere restava ai posteri e per il quale lui stesso oggi aveva attraversato la Cina.
Su come, anche sui tesori archeologici, i Cinesi avevano tentato di truffare i turisti e di arricchirsi con un mercato di falsari, la riflessione e l’orrore sono inevitabili, ma la storia ci dice chi siamo e se mentiamo sulla storia, mentiamo a noi stessi. Pertanto le menzogne del governo cinese sono tutte lì evidenti in quel corpo, perfettamente conservato ad audace testimonianza di sé e della verità dei fatti.