Ingrossare le schiere celesti – Franck Bouysse



Franck Bouysse
Ingrossare le schiere celesti
Neri Pozza
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Ingrossare le schiere celesti di Franck Bouysse
Per apprezzare al massimo questo romanzo di Franck Bouysse forse serve avere una predilezione particolare per le storie che si svolgono in angoli remoti, negli anfratti del mondo dove il tempo sembra essersi fermato.
Siamo a fine gennaio 2007. Les Doges, un luogo sperduto nella regione delle Cevenne, due fattorie isolate, due uomini soli, contadini che possiedono poco ma non chiedono altro che la pace e poter mangiare nella propria ciotola.
Due uomini separati da vent’anni di differenza, due uomini che parlano poco e apprezzano la loro solitudine.
Siamo in una terra aspra, intrisa del sangue di antiche guerre avvenute in tempi remoti, che plasma i caratteri degli uomini che la lavorano perché in loro non esiste tenerezza.
Gus, sulla cinquantina, vive con il suo cane prendendosi cura delle sue bestie e tratta la terra con ossequioso rispetto. Abel, come detto di vent’anni più anziano, si prende cura di sé e, di tanto in tanto, si scambia piccoli favori con il vicino.
Gus è il personaggio principale, ha sofferto molto nella sua vita ma mostra una sua affettuosità sotto il guscio attraverso cui cerca di proteggersi dal mondo esterno come si percepisce dalla reazione alla morte dell’abate Pierre che ne sconvolge i sensi, nonostante non sia cattolico ma protestante. Malgrado la sua mancanza di educazione scolastica durante la narrazione arriverà presto a capire che “l’abito non fa il monaco”.
La vita contadina e i lavoretti in fattoria, descritti abilmente da Bouysse, possono destare sensazioni di nostalgia nel lettore perché riportano il pensiero ai vecchi nonni, le descrizioni dei paesaggi e del lavoro della fattoria sono ben rese e non appesantiscono la storia.
Il romanzo è contraddistinto dalla presenza di pochi personaggi, la narrazione procede spesso come in un lungo piano sequenza cinematografico caratterizzato da quel processo di sintesi che elimina tutto ciò che non serve al racconto, sfruttando la molteplicità dei piani all’interno della singola scena e rispettando il tempo del mondo reale.
Un pregio dell’autore francese è l’abilità nel distillare la suspense e coinvolgere il lettore nelle situazioni angoscianti che toccano nel profondo specialmente Gus. La narrazione è costellata da cose non dette, segreti di famiglia, ricordi che, come fiocchi di neve, piovono dolcemente sulla storia, insegnandoci sempre un po’ di più senza dirci troppo, risvegliando la curiosità del lettore per quello che può essere successo ai personaggi negli anni antecedenti.
La penna dell’autore riesce quasi a rendere poetica la violenza latente delle terre in cui è ambientato il romanzo, il carattere burbero dei due contadini e il loro desiderio di non frequentare troppo i loro simili, pur rimanendo umani e cercando ancora il contatto tra loro, anche l’uso di alcune metafore “forti” rende lo stile narrativo ancora più intriso di tristezza mista a poesia.
In breve, a mio avviso, è un romanzo di rara nobiltà, una vera chicca, di un equilibrio vicino alla perfezione, è breve ma potente e lascia un sapore metallico in bocca per molto tempo.
E’ Un romanzo che segna.

Gianluca Iaccarino

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