L’angelo del fango



Leonardo Gori
L’angelo del fango
TEA
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L’angelo del fango, uscito la prima volta per Rizzoli nel 2005 e vincitore del premio Scerbanenco nello stesso anno, è stato da poco ripubblicato da Tea dopo un’attenta revisione e una quasi totale riscrittura da parte del suo autore.
Il romanzo è ambientato, come il titolo anticipa in qualche modo, durante l’alluvione del 1966 e immerge il lettore nell’acqua putrida della Firenze di quei tristi giorni, lo sporca con il fango dell’Arno, lo asfissia e lo fa lacrimare con il tanfo della nafta che appestò la città per giorni e giorni dopo l’inondazione.
I danni enormi arrecati a una delle città più belle e artisticamente preziose del mondo e alla popolazione, che subisce perdite di ogni tipo, patrimoniali, affettive (a qualcuno l’Arno porterà via la vita stessa), non sono provocati solo dal fiume. Durante i giorni immediatamente successivi all’esondazione dell’Arno, c’è qualcosa di peggio, se possibile, che vigliaccamente si muove tessendo trame e intrighi.
La seconda guerra mondiale è ancora storia vicinissima, il fascismo è ancora lontano dall’essere dimenticato, anche in un paese, come il nostro, che tende a non avere o a non volere una propria memoria storica.
Ecco che, in questo scenario apocalittico, arriva a Firenze il Colonnello Arcieri, ben lontano dall’andare in pensione nonostante l’età piuttosto avanzata, insieme ad alti papaveri (il ministro dell’interno tanto per citarne uno) per garantire la sicurezza del Presidente della Repubblica Saragat che visiterà la città nei giorni immediatamente successivi, ancora in piena emergenza, con i fiorentini completamente disinteressati dall’avvenimento, con le mani nel fango nel tentativo di recuperare e salvare qualcosa e lo sguardo preoccupato rivolto spesso verso il cielo e le nuvole.
È bravissimo Gori a tenere il lettore sempre in stato di allerta perché le storie di questa Firenze ferita sono tante e si intrecciano tra di loro. Chi è il morto ritrovato alla Biblioteca Nazionale? Chi ha interesse a organizzare un attentato al Presidente? Chi sono e cosa vogliono i nostalgici del fascismo? Chi è Anna Gianfalco e come e perché conosce Elena Contini, l’unico grande amore del protagonista?
Per avere alcune risposte a interrogativi così numerosi non si deve far altro che seguire, pagina dopo pagina, le gesta del Colonnello, facendosi esasperare dalla tensione e dal phatos del romanzo reso più drammatico dalle descrizioni di una città divisa in due dal fiume, un fiume il cui incedere impetuoso si trasforma nel ritmo del respiro di ogni singolo abitante. Un fiume che ha ucciso, distrutto, sporcato, travolto e stravolto Firenze e i fiorentini ricoprendo tutto con la sua melma nerastra, una fanghiglia appiccicosa come le storie del proprio passato che più si vorrebbero dimenticare.
La visione della Firenze di quel maledetto novembre 1966 non potrebbe essere più reale.
Leonardo Gori ha davvero la capacità di far rivivere un’epoca, colpendo tutti i sensi del lettore, con la musica che si sente suonare per strada, con gli odori, i sapori, l’infinita stanchezza che colpiva chi era immerso nel fango di quei giorni, con meravigliose descrizioni, talmente vivide e evocative da trasformare la pagina scritta in una sorta di pellicola cinematografica.
Ma c’è di più. Attraverso i ricordi di Arcieri il lettore vive due epoche contemporaneamente, quella descritta e quella ricordata, ambientata nel ventennio precedente, durante la liberazione, con i cecchini fascisti insediati sui tetti che i partigiani cercavano di bloccare, non importava come: era la guerra.
E allora l’intreccio si complica ulteriormente, diventa una partitura complessa tra la pesante eredità del passato e il presente complicato e difficile da risolvere.
In questo romanzo c’è tutto quello che ci si aspetta da questo scrittore.
C’è uno studio particolareggiato e approfondito, quasi maniacale oserei dire, che porta il lettore a leggere L’angelo del fango come un romanzo qual è, ma anche come un intrigante, appassionante, entusiasmante documentario storico.
Ai lettori che l’alluvione l’hanno vissuta, questo libro aiuterà a ricordarla, ma ai lettori che non c’erano, erano piccoli o non erano ancora nati, questo romanzo l’alluvione la farà vivere, insieme al batticuore suscitato dalle vicende personali e lavorative del Colonnello Arcieri.
E non può essere altrimenti, non si può che simpatizzare per Arcieri perché è un disubbidiente. Nonostante sia un colonnello dei servizi segreti, sono la sua coscienza e il suo alto senso morale che lo spingono a prendere delle decisioni piuttosto che altre. Peccato che si tratti di un personaggio “solo” letterario!

Elena Zucconi

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