Fabrizio Altieri
Blake Folgoldo. L’investigatore che non esisteva
Piemme
Lucca, 1903, il dodicenne Claudio ama leggere, soprattutto i libri di Verne che lo fanno sognare avventure e altri mondi, e inventare per la sorellina storie come quella di Blake Folgoldo, investigatore argentino vestito come un gaucho su un cavallo creolo (?) con fucile e chitarra. La mamma Nadia – papà è morto in Africa nella guerra del 1897: interessanti questi lampi storici – è sigaraia in una fabbrica, nonché battagliera rappresentante delle compagne vessate e sfruttate. Allorché il caporeparto la perquisisce in modo indecente, gli molla uno schiaffo: “Se ci riprovi t’ammazzo”.
Tanto basta perché quando l’uomo viene ucciso la donna sia incarcerata, anche perché sul coltello del delitto vengono trovate le sue impronte digitali grazie a una modernissima tecnica di identificazione (siamo in pieno positivismo culturale e scientifico). Claudio sulla scorta di un libro decide di indagare come Sherlock Holmes: analizza i fatti, elabora gli elementi, trae le conclusioni. Così intuisce che il furto di un prezioso documento in casa del padrone della fabbrica è collegato all’omicidio del caporeparto e poi a quelli della direttrice di un orfanotrofio e di un famoso avvocato coinvolto nello scandalo della Manifattura Tabacchi nel 1881.
Claudio fa circolare la voce che segretamente un investigatore argentino sta indagando, però nessuno lo vedrà mai, se non un suo simulacro ingegnosamente assemblato che monta un ciuco (creolo). Come Poirot, Folgoldo riunirà tutti gli attori e con la sua voce (anche questo grazie a uno strumento modernissimo) trarrà le conclusioni, scioglierà il mistero, rivelerà il colpevole e farà liberare l’innocente. Poi sparirà, anche se non è mai comparso, per tornare nella sua pampa. Altieri ha una scrittura fluida e pulita, mai banale o tirata “quattro paghe per il lesso”, giusto per citare il Carducci che era proprio di quelle parti. Si capisce che è ingegnere e insegnante, ma non fa pesare queste qualifiche, concentrandosi piuttosto sul piacere di raccontare e implicitamente sul valore della lettura e dell’istruzione.
Da 11 anni