L’opera struggente di un formidabile genio

Se a 21 anni ti muoiono entrambi i genitori per cancro a pochi giorni l’uno dall’altra, se per questo diventi il tutore di tuo fratello di 8 anni, ti trasferisci a San Francisco nei suoi anni d’oro, fondi una rivista con i tuoi amici di Chicago e cerchi di entrare in TV per partecipare a un reality: hai sicuramente una storia da raccontare. Dave Eggers la racconta, sapendo benissimo che scrivere delle memorie personali di sofferenza e gioventù è stucchevole e trito, sa che raccontare storie di vita vissuta implica distorsioni, idealizzazioni, vuoti e perdite in ogni caso e sa che la resa delle sue esperienze e le sue sensazioni non potrà mai essere effettivamente come l’aveva voluta.
Per questo questo L’opera struggente di un formidabile genio è un pezzo di metaletteratura: fin dalla prefazione l’autore ci mette in guardia su ciò che ci si appresta a leggere, traccia delle linee guida, parla del processo di scrittura e dei personaggi reali che nella finzione hanno cambiato nome e di quelli che hanno concesso la loro identità, parla del libro in quanto opera artigianale di un autore che scolpisce con le parole delle esperienze che, anche se estremamente drammatiche, non sono altro che un tema, un fatto interessante di cui parlare.

Gli anni 90 a San Francisco e il ribollire della gioventù creativa degli anni del grunge sono il sottofondo delle imprese dei due fratelli, supereroi tragici in debito con il mondo, potentissimi nella loro assoluta libertà, che tentano di conquistare il loro paradiso da soli, provando a cambiare oltre che il loro destino anche il mondo in cui vivono.
Tra ripensamenti sul suo stile di vita e ricerca nella scrittura, scappatelle con le amiche e altri dolori e altre morti che segnano il suo percorso, Eggers ci porta nella sua vita, immergendo noi lettori nell’insieme di segni linguistici che dovrebbero raccontare la sua storia. Questo libro è difficile e allo stesso tempo scanzonato, il vibrante dolore viene liquidato spesso con parolacce e modi di dire mentre le cose più semplici e marginali vengono analizzate sotto una lente d’ingrandimento paranoico-schizofrenica. E’ una scrittura che continuamente si interroga su se stessa e parla da sola, il che non sempre risulta godibile, ma che comunque ci si dimostra in tutta la sua straordinaria potenza evocativa della realtà così com’è e illumina di consapevolezza e innovazione la scrittura delle memorie personali.

matteo cavazzon

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