Matteo Lunardini – Al Giambellino non si uccide



Matteo Lunardini
Matteo Lunardini
Piemme
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Chi conosce Milano sa che il Giambellino non è un luogo qualsiasi. Nel corso del Novecento, le strade di questo quartiere sono state crocevia di alcuni momenti cruciali della vita meneghina. Patria degli ultimi, il Giambellino – assieme al suo gemello siamese chiamato Lorenteggio – ha spesso ospitato un’umanità in fuga o in cerca di riscatto: gli italiani cacciati dalla Francia post 1945, i terroni arrivati dai campi del Meridione e ricollocati nelle catene di montaggio delle fabbriche ai margini della suburra, i nuovi migranti demansionati provenienti da Sudamerica, Europa orientale o Medio Oriente.
Ruggero Casipolidis, soprannominato Zappa per la somiglianza con il celebre rocker, è il protagonista di “Al Giambellino non si uccide”. Dopo aver trascorso un lungo soggiorno in casanza per episodi connessi alla lotta antagonista degli anni Settanta, l’uomo, figlio di un partigiano greco, vive assieme alla madre in un appartamenteo situato tra le case popolari di Via Mar Nero, nel vicino quartiere caldo di Baggio. Conduce un programma radiofonico intitolato Kriminalia, trasmesso da Radio Milano Libera, un’emittente situata in Via Mac Mahon, importante strada del quadrante ovest della città.
Nel mondo immaginario di “Al Giambellino non si uccide”, Luciano Lutring è ancora vivo. Il bandito romantico, diventato pittore in carcere, accompagna nell’etere Zappa, raccontando aneddoti oscuri sulla Ligera, la vecchia mala meneghina, e sulle celebri “dure” compiute dalle batterie criminali della Milano anni Sessanta: la Banda Dovunque, la Banda del Lunedì, la Banda del Mitra.
In redazione arriva una mail che annuncia l’omicidio di una prostituta e apre la caccia all’assassino. Zappa gira per Milano a bordo di una Vespa, in pieno agosto, con il look sgualcito che lo contraddistingue. Seguito da un giornalista vecchia scuola e da un ex camerata contro il quale ha combattuto nei Settanta, Ruggero incontra trans, zarri di quartiere, puttane di strada e zanza – unici abitanti della metropoli deserta – scrutando il lato oscuro della storia ambrosiana recente: dagli scandali della Milano da bere, alla corruzione che ha accompagnato la realizzazione di Expo 2015.
Le vicende del Giambellino occupano costantemente lo sfondo, come quella della biblioteca di Via Odazio, dove si riunivano i brigatisti della colonna milanese, o di Piazza Tirana, che fu il più grosso punto di spaccio di eroina europeo finché un pugno di famiglie calabresi stabilì che la “roba” stava facendo troppo rumore ed era giunto il momento di sostituire il marrone con il bianco.
Ruggero Zappa attraversa la metropoli in sella alla sua Vespa, da Via Cenisio al Bosco in Città, dai grattacieli di Porta Nuova fino ad arrivare in Piazza Napoli, e alla stessa maniera, tra un’impresa celebre di Vallanzasca e la storia di una manifestazione illuminata dalle sirene della madama e finita con i lanci delle molotov, “Al Giambellino non si uccide” scivola via, in un lampo, regalando al lettore una guida alternativa alla Milano “pettinata” del 2020.

 

Thomas Melis

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