Mondo è stato – Michele Burgio



Michele Burgio
Mondo è stato
Ianeri Edizioni
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Un romanzo sciasciano già dal titolo, “Mondo è stato”, il nuovo impegno narrativo di Michele Burgio, giovane autore dalle sapienti doti letterarie, già distintosi col romanzo inedito “U tortu” al prestigioso Premio Calvino e autore di “Favi amari”, opera che racconta del lungo viaggio del cantastorie di Sutera, Nonò Salamone.  

“Mondo è stato”, appena pubblicato da Ianeri Edizioni nella collana “Le dalie nere” diretta da Raffaella Catalano e Giacomo Cacciatore, (chiaro omaggio al capolavoro noir di James Ellroy), non è un giallo in senso stretto, piuttosto una discesa senza redenzione nelle sabbie mobili delle umane miserie dove a farla da padrone è, ancora una volta, il pessimismo della ragione di sciasciana memoria. Nessuno è esente da colpe e Burgio è abile ad adoperare la carta vetrata dell’inchiostro per sfregare via la patina di apparente rispettabilità a Serrapriola, immaginario paese dell’entroterra siculo, paradigma di ogni centro abitato dove i poteri forti vanno a braccetto sostenendosi e sostanziandosi l’un l’altro anche quando, per costituzione e statuto, dovrebbero stare agli antipodi, come la chiesa di Cristo e la mafia degli uomini.

E gioca coi simboli e i richiami, l’autore, imperniando tutta la trama sulla mancata esposizione di un crocefisso in ebano che il giovane parroco, don Roberto Ramacca, che si impegna anche ad allenare la squadra di calcio parrocchiale, ha fatto restaurare grazie alle offerte delle parrocchiane. Un restauro a regola d’arte, eseguito da abili artigiani, ma allora perché non lo espone all’adorazione delle anziane che dell’afflato in chiesa al corpo flagellato di Cristo hanno fatto voto di vita e di fede?

Tra queste la più irriducibile è zia Nannina, donna di carattere indomito che viste andare a vuoto le sue richieste, per risolvere l’arcano e indurre il parroco a fare il suo dovere, coinvolge Sergio Vilardo, un giornalista figlio dell’amica Filomena, anche lei beghina e picchiapetto. Mentre dunque il mistero del crocifisso non esposto dipana la sua trama misteriosa per quanto leggera, la tragedia si abbatte su Serrapriola con la scomparsa di Luca D’Avola, un quindicenne che con gli altri amici, Gesualdo, Kevin e Rosario, fa parte del gruppo I megli, come si sono denominati su Whatsapp. I megli, come fin troppo spesso avviene tra ragazzi dei giorni nostri, si sballano e fumano canne. Per un periodo Luca ha perfino spacciato, contraendo un debito con Castrenze Terruso di duemila euro. E proprio Terruso lo minaccia il giorno prima della sua scomparsa per riavere indietro i suoi soldi. Terruso però ha pure i suoi guai, avendo messo su il proprio giro di spaccio senza l’autorizzazione di chi a Serrapriola fa il bello e cattivo tempo.

L’ultimo ad avere visto Luca prima della scomparsa, di cui si stanno già occupando i carabinieri – e qui bisognerebbe aprire un altro capitolo per raccontarne il contesto-, è stato l’amico inseparabile, Gesualdo. Ci sta pure un testimone, il sagrestano di don Ramacca, che li ha visti a bordo di uno scooter. Gesualdo però non è un ragazzo qualunque e porta un nome pesante. È l’erede designato di don Orazio Scuderi, ufficialmente rispettabile uomo d’affari, ma tutti sanno che a Serrapriola non si muove foglia che don Orazio non voglia, e quando sarà proprio Gesualdo a ritrovare Luca, assassinato a due passi dalla propria tenuta di campagna, non se ne starà certo con le mani in mano a vedere le maglie della giustizia stringersi attorno al suo erede. Eh sì, perché dalla memoria del telefonino di Luca, verranno fuori segreti inconfessabili per la mentalità perbenista e ipocrita di Serrapriola, e pulsioni e passioni di cui nessun essere umano è immune. 

E qui ci fermiamo con la consapevolezza di avere già ingolosito i lettori. Non un giallo classico, ripetiamo, piuttosto tante sapienti pennellate che danno vita a un quadro d’autore dove vengono tratteggiati i chiaroscuri della nostra società. Verità e menzogna vanno di pari passo con omertà e complicità, convenienza equivale a reciprocità. E dove gli innocenti, innocenti non sono, e anche i demoni, al contrario, si aspergono con l’acquasanta.

Roberto Mistretta

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